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El Tano

Mastinu“El Tano. Desaparecidos italiani in Argentina”, di Carlo Figari, AM&D, Cagliari 1998

“Avevo visto mia madre vestita di nero, che camminava lungo il fiume. Era seguita da uomini con l’elmetto armati di lunghi fucili”.

Nel libro del giornalista Carlo Figari la storia di Martino Mastinu comincia con la descrizione di un sogno. Maria Manca, l’anziana madre del desaparecido sardo, racconta quel che successe un pomeriggio del lontano maggio 1976, nell’isoletta di Paracaybì, sul delta del Paranà. Era qui che il giovane sindacalista sardo si era rifugiato, per sfuggire alla cattura dei militari. Qui trovò la morte suo cognato, Mario Bonarino Marras, colpito dal commando venuto a prelevare Mastinu.

La Junta dei Generali guidata da Videla aveva preso il potere pochi mesi prima, il 24 marzo. Nel paese si era intensificata la caccia all’uomo attraverso il metodo della désaparicion, una forma di sublimazione della morte in cui si dissolvevano gli oppositori del regime, ma anche studenti, professionisti, intellettuali.

Carlo Figari, giornalista e appassionato di storia contemporanea, racconta nel suo libro la vicenda dell’operaio Martino Mastinu e ripercorre al contempo la storia di un popolo, attraverso i volti e le voci di un nucleo familiare di emigranti nell’Argentina dei militari.

Tra le prime vittime della repressione “El Tano” Martino Mastinu, coraggioso leader del movimento operaio sorto all’inizio degli anni ‘70 in Argentina. Una paziente opera di ricostruzione documentale, corredata anche dalle testimonianze venute alla luce nel corso del Processo di Roma, rivela la sorprendente figura di un attivista di primo piano nei cantieri navali “Astarsa” di Tigre, portavoce indiscusso della Commissione Interna dei cantieri.

Il sindacalista sardo compare fra i protagonisti della lotta operaia divampata nel maggio 1973, in seguito ad un incidente costato la vita all’operaio Josè Maria Alessio. Il giovane era rimasto gravemente ustionato da uno scoppio mentre stava lavorando, senza protezioni, sul doppio fondo di una nave in costruzione.

In un ritaglio del quotidiano Clarin compare l’immagine di manifestanti con cartelli e striscioni: Mastinu è alla testa del corteo. Sue le dichiarazioni ai giornalisti: “Il personale della sicurezza aveva il compito di ispezionare i tank prima del lavoro. Ogni giorno centinaia di carenze mettono in pericolo la nostra vita”. Ancora: “Manterremo viva la protesta sino a quando l’impresa non darà disposizioni per passare il controllo della sicurezza nelle mani degli operai”.

Mastinu faceva parte del coordinamento dell’Agrupación Naval che in quell’autunno caldo decise l’occupazione dei cantieri contro la linea morbida dei sindacati “collaborazionisti”. La guida venne assunta dai delegati dell’ “Agrupación”: Chango Sosa, il leader del gruppo, Luis Venencio, Hugo Rivas e lo stesso Martino Mastinu. Martino, insieme a pochi altri, venne incaricato di partecipare alle trattative che si sarebbero svolte nei giorni successivi al Ministero del Lavoro. Figari ricostruisce attraverso le testimonianze dei compagni del Tano, Anguita e Caparros, il clima di quei giorni e la linea perseguita dal giovane sindacalista nella difficile fase dei negoziati: riassunzione di tutti gli operai licenziati per motivi politici e sindacali, aumenti salariali, fine delle 12 ore di lavoro, controllo sulla sicurezza e l’igene.
L’occupazione sarebbe terminata dopo un mese, quando il presidente Càmpora e il Ministro dell’Economia Gelbard annunciarono la firma del “Compromesso per la ricostruzione, la liberazione nazionale e la giustizia sociale”. Nei mesi successivi El Tano si sarebbe avvicinato alle posizioni radicali dell’ala movimentista montonera, che sosteneva la tesi della lotta dentro e fuori dalle fabbriche. Il suo attivismo sindacale aveva messo in luce le sue qualità all’interno della Juventud Trabajadora Peronista, impegnata nel 1974 nelle elezioni delle rappresentanze nazionali del gremio navale. Una carriera stroncata pochi mesi dopo, col suo sequestro e la scomparsa in un campo di detenzione clandestina a Buenos Aires.

Oltre alle tragiche sequenze del sequestro di Mastinu, nel libro scorrono le immagini e i frammenti di vita di numerosi altri désaparecidos italiani ed in particolare di origine sarda: come i Perdighe di Samugheo, o Giovanni Chisu di Orosei. Una vicenda corale che sfocia, nel 1998, nella costituzione di parte civile al processo di Roma da parte della Regione Sardegna e dello Stato italiano. Per i parenti delle vittime e per i loro avvocati è il segno di una rivincita che arriva dopo anni di sospensioni e di rinvii.



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