20.6.2000 - José Luis Cavalieri


Stato

Presidente: MARIO D'ANDRIA
Giudice a Latere: STEFANO PETITTI
Pubblico Ministero: FRANCESCO CAPORALE
Cancelleria: ORIETTA CALIANDRO

UDIENZA DEL 12.6.2000
Esame del teste: JOSE LUIS CAVALIERI




PRESIDENTE: Allora SUAREZ MASON assente, lo difende in sostituzione dell'Avvocato Scialla?

AVV. BACCI: Avvocato Marcello Bacci.

PRESIDENTE: Marcello Bacci; anche per RIVEROS, che è già contumace, stesso Difensore. E poi di Ufficio, per tutti gli altri imputati, che sono tutti già contumaci. Le Parti Civili, ha già segnato i presenti ed i Difensori. Vogliamo fare entrare il primo dei testi.

P.M.: vorrei che venisse introdotto JOSE' LUIS CAVALIERI.

ESAME DEL TESTE CAVALIERI JOSE' LUIS.-

PRESIDENTE: parla italiano, vero?

CAVALIERI J.: sì.

PRESIDENTE: allora può leggere quella dichiarazione?

CAVALIERI J.: (assolta formula di rito).

PRESIDENTE: lei si chiama?

CAVALIERI J.: JOSE' LUIS CAVALIERI.

PRESIDENTE: quando è nato e dove è nato?

CAVALIERI J.: sono nato a LA PLATA, ARGENTINA, il 30 di giugno 1956.

PRESIDENTE: è residente dove?

CAVALIERI J.: a ROMA.

PRESIDENTE: a ROMA, in via?

CAVALIERI J.: VIA DEGLI EQUI, 69.

PRESIDENTE: sì. L'ha indicato il Pubblico Ministero?

P.M.: sì.

PRESIDENTE: prego.

P.M.: Signor CAVALIERI...

CAVALIERI J.: sì.

P.M.: ...io vorrei che lei raccontasse la sua storia di sopravvissuto in un centro clandestino.

CAVALIERI J.: eh, bene! Io facevo attività politica nell'Università de LA PLATA, nella "huentù universitaria Peronista" (come da pronuncia), che diciamo era sotto l'area di "Montenegro", ho fatto questa attività politica per circa un anno e mezzo, sono stato sequestrato dai militari il 3 maggio 1977, quando avevo vent'anni, e il... la repressione che si è scatenata durant... dopo il colpo di Stato del '76 e... aveva incominciato a dare i suoi frutti fin dai primi... dalle prime settimane. Io dovetti lasciare la casa dove abitavo con i miei genitori, perché questi ragazzi che militavano venivano presi uno dopo l'altro, perché diciamo che loro avevano messo in moto un meccanismo, una macchina repressiva molto... molto efficace. Mi trovavo con un'altra ragazza, anch'essa militante, e diciamo che erano già venuti a prendermi a casa dei miei genitori tre volte, è successo che io non c'ero già a casa con i miei. E le prime due volte sono venuti gente in borghese, hanno chiuso tutto il... la strada, sono saliti sui tetti, a casa dei miei genitori non c'era nessuno. E questi sono andati via, sono ritornati, lo stesso gruppo o un altro, la settimana successiva e... questo di giorno è successo, e non hanno trovato neanche in quell'occasione nessuno a casa. Mio padre fece una cosa molto anomala in quel periodo, perché ogni volta che queste persone... che lui è venuto a conoscenza che c'erano state queste persone, ha preso il telefono e ha cominciato a chiamare tutte le unità militari, tutte... quelle conosciute, quelle legali quindi, caserme, Commissariati, unità militari di Marina, dell'Esercito, dicendo che aveva saputo che erano venuti a casa sua e che lui si trovava a disposizione. Finché la terza volta sono venuti... sono venuti la sera, di notte, e questa volta in divisa, militari in divisa, e... e niente, hanno rovistato casa, cercando le mie fotografie, che non c'erano e... e mio padre ha parlato con quello che sembrava essere il capo, che si è identificato, questo l'ho saputo qualche giorno prima della morte di mio padre, il mese scorso, si è identificato come "sefe de aria" (o simile), come capo di struttura di zona, questa persona con cui lui ha parlato. Questa persona gli ha detto che io ero un sovversivo, che mi stavano cercando. E niente, mio padre gli ha detto che lui di questo non sapeva nulla, e prima che se ne andassero gli ha detto: "non me lo uccidete mio figlio!", e questo signore gli ha detto: "lei sa come sono questi ragazzi, ci hanno il grilletto facile", questo è stato il messaggio che hanno lasciato. Questo è successo nei primi mesi del '77, io quindi ho tagliato tutti i contatti che pur sporadicamente avevo con loro. E ci trovavammo in qualche chiesa molto lontana o in

qualche stazione delle Ferrovie, e quindi io ho tagliato i contatti con loro. Questo periodo è stato molto... molto brutto, perché a causa di questa repressione di questi ragazzi che prendevano uno dietro l'altro, e mi sono trovato con questa ragazza senza un luogo dove vivere, e quindi giravamo per le strade a volte, dormivano anche in strade appartate la sera, anche appoggiati ad un albero. E noi avevamo pochi... pochi soldi in tasca, e ci siamo messi a cercare una casa, e... e siamo... girando tutto il giorno, cercando di scoprire se c'erano delle case in affitto, abbiamo trovato una casa nella località di ENSENADA (o simile), una località vicina praticamente e contigua alla mia città. Avevamo convinto il proprietario a darcela in affitto senza lasciare un anticipo, inventammo una storia, quindi così siamo entrati in una casa senza niente, avevamo solo i vestiti e... e poi io ho cominciato a fare con dei legni vecchi qualche mobile, qualche cosa, e questa ragazza ha trovato lavoro presso qualche famiglia che stava lì, nella zona, ed io ho incominciato a fare dei lavori di pittura, di falegnameria, così, arrangiandomi per fare qualche soldo, diciamo contando le monetine per vivere. E... questo è successo perché diciamo i livelli di militanza basta, sono rimasti così, orfani, e... forse diciamo i livelli più alti di militanza "de Montoneros", quindi quelli che avevano magari... che appartenevano al partito, quindi alla struttura, che avevano altri appoggi anche economici, ma molti... molti di questi ragazzi in questo periodo molto brutto sono stati cambiati di zona, cioè li cambiavano da una città all'altra, però hanno fatto... cioè, venivano presi con... ai primi appuntamenti, quindi diciamo anche loro non se la passavano bene. E... io sono stato preso un pomeriggio, ero... in quel periodo ero sotto tranquillanti, perché quando ho saputo che erano andati a prendermi e che erano andati a casa dei miei temevo molto per... per loro e temevo molto per mia sorella, e quindi siamo andati un Medico lì, della zona, che c'era, ci ha aiutati gratuitamente e mi ha prescritto un tranquillante molto forte. E niente, sono stato preso davanti alla fermata all'autobus, stavamo aspettando l'autobus e sono passati i militari in tre camioncini, militari in divisa, noi temevamo queste... queste ronde che facevano, ma più di tutto temevamo delle macchine in borghese che passavano per tutta la zona, perché diciamo che era da lì che partivano le identificazioni o partivano dei gruppi che si potevano prendere, io... diciamo non ho pensato, ho pensato ad un pattugliamento così, regolare di quella zona, invece quando siamo saliti sull'autobus questi militari l'hanno

circondato e... ed è salito un militare e ci ha indicati col dito, ci ha ordinato di scendere a me e a questa ragazza. Al che... l'autobus era pieno di gente, erano le cinque e trenta del pomeriggio. Io gli ho detto: "chi cercate? Mi dica nome e cognome!", e questo mi ha detto: "vi portiamo in un Commissariato, scendete!", allora io ho detto che non sarei sceso e questo è sceso dall'autobus e sono tornati in tre persone, la gente dall'autobus è incominciata a scendere, e qualcuno ci ha detto: "scendete, perché se no ci ammazzano tutti". E hanno fatto scendere quest'altra ragazza ed io ho fatto resistenza, con le mani, perché avevo solo le mani, e tirando calci e pugni, finché non mi hanno preso questi tre e mi hanno ammanettato da una parte, e poi io mi prendevo in tutti i passamani, dai sedili, dal parafango dell'autobus. Diciamo che l'autobus è stato fermo una mezz'ora buona, poi ci hanno messo... ci hanno buttati dietro uno di questi camion, sul pavimento, con il cappuccio in testa e le manette dietro. Poi ci hanno portati via, ci hanno messi i piedi sopra, i piedi loro, gli stivali, e dopo aver girato per un po' sono scesi, sempre in mezzo alla campagna, ci hanno fatto scendere, e... si sentiva il vento... si sentivano anche i loro fucili che caricavano e... e allora si è avvicinata una persona, mi ha detto: "siete fregati - ha detto - questa ragazza, tu studi in Veterinaria e tu studi in Medicina e... tu sei JOSE'", ed io ho continuato a... diciamo nella disperazione ad inventare, io dico: "guardi che lei si sbaglia, perché io non ho mai fatto l'Università, io mi trovato qui perché ci ho uno zio, che mi aveva promesso di trovarmi un lavoro, e non ho mai fatto l'Università, io lavoro come Pittore", ci hanno fatto risalire sul... su questo camion, hanno fatto altri giri e il camion si è fermato ancora, ad un certo punto mi hanno messo in piedi e mi hanno messo i documenti miei e della ragazza in tasca, qualcuno dice: "i tuoi... i vostri documenti stanno qua". A quel punto io ho pensato che ero riusciti ad ingannarli in qualche modo, invece dopo ci hanno messo giù e... dopo aver girato parecchio siamo arrivati in un posto e si sentivano molti cani abbaiare, lì ci hanno diviso, questa ragazza, non so, l'hanno portata da un'altra parte, e... e a me mi hanno portato in una stanza, dove c'erano dei ragazzi, mi hanno alzato il cappuccio, dove c'erano dei ragazzi che mi hanno riconosciuto, e... e quindi mi hanno detto di non... di non resistere, perché ormai sapevano tutti, che era inutile resistere. Ed io ho detto che io non conoscevo nessuno. Nel frattempo io avevo chiuso gli occhi, perché magari vedendo delle persone conosciute potevo tradire qualche emozione. Allora mi hanno cominciato a picchiare e mi hanno

detto di spogliarmi, e... è venuto... cioè una delle persone che stava lì mi ha detto: "risparmiaci il lavoro sporco", e io gli ho detto: "le ripeto che io non conosco nessuno". Allora mi hanno spogliato e mi hanno messo sdraiato su una specie di brandina e... mi hanno legato le mani dietro a dei ganci che c'erano in alto, sul muro, e le caviglie aperte a... su bordi che vi erano lateralmente. E... e allora mi hanno dato qualche pugno, così, io ho irrigidito tutto il corpo, perché in qualche modo volevo... volevo farle impermeabili queste... queste aggressioni. Allora loro hanno incominciato ad applicare delle scariche elettriche sui genitali, sui piedi, su l'alluce, sulla punta dell'alluce, sulla punta del pene, sui testicoli, sull'addome, ed un altro ha incominciato a picchiarmi con un manganello sulle gambe, sulle ginocchia. E... mi hanno detto: "parla! Perché se no ammazziamo la ragazza", e io non dissi nulla. E... poi le scariche elettriche vanno in aumento ed incominciano ad applicare un altro apparecchio, che è... diciamo così, cinque o sei fili elettrici con qualche elemento metallico, che viene passato sul... sul corpo, e queste scariche elettriche venivano date sull'addome e sul torace. Ed io per non urlare avevo cercato di... avevo riuscito a mettere in bocca il cappuccio, la stoffa, in modo che mordevo e non riuscivano a... a farmi urlare, forse era quello che loro volevano per intimorire quest'altra ragazza. E così dopo... dopo parecchio, che loro si meravigliavano perché io non... non urlassi, qualcuno ha capito che... che mi facevo forza con questo metodo, e allora con la forza mi hanno costretto ad aprire la bocca e me l'ha tolta questa... questa stoffa, e mi hanno messo una benda. E... e poi hanno incominciato ad aumentare molto la... la corrente elettrica e hanno incominciato ad utilizzare un terzo apparecchio elettrico, simultaneamente con gli altri su... sulla testa, sui capezzoli, su... sulla punta del naso, dentro al naso, sugli occhi e... dentro la bocca, sopra i denti, e si sentivano i capelli che bruciavano con questa corrente elettrica. E... io devo dire la verità, il... la risorsa che dà la disperazione, la mia unica risorsa era cercare che mi ammazzassero, quindi anche questo... questo, cercare di non urlare era perché volevo che... caso mai applicassero troppa corrente elettrica e la facessero finita, ma loro erano... avevano un... un metodo molto... molto scientifico, e... parecchie volte a me mi... non riuscivo a respirare, perché avevo dei... come dei collassi, e allora qualcuno ordinava di fermarsi agli altri, e allora si fermavano per qualche minuto e... e mi annaffiavano con dell'acqua, con una bottiglia di acqua, perché sembra che il corpo con la corrente elettrica si

asciughi e poi non... non trasmette bene la corrente elettrica. Allora hanno applicato anche un... un sacchetto di plastica, che chiudevano intorno alla testa e... e anche lì io cercavo di... di non respirare, perché pensavo che fra quello, le scariche elettriche che applicavano in tutto il corpo e... prima o poi sarei morto, invece anche lì loro ci riuscivano a staccare questo sacchetto di plastica giusto in tempo. E' un metodo che porta la vittima alla soglia... porta la vita alla soglia con la morte, però la trattiene per i fondelli, quindi non lascia che questa morte avvenga, che sinceramente è l'unica cosa che uno desidera in quel momento, perché diventa una liberazione. E... e niente, anche lì sono rimasto senza... senza respiro un'altra volta e qualcuno mi ha dato dei pugni, così, sul torace, perché non so se fosse stato un collasso cardiaco, qualche cosa, ma loro controllavano queste situazioni in modo molto... molto scientifico, molto preciso; le scariche elettriche erano talmente forti che il corpo si alzava per aria, no? Proprio si sentiva passare la corrente elettrica per gli arti e... e queste cinghie di cuoio trattengono il corpo, in modo che non... logicamente se uno lo spazzano, e... e ad un certo punto una delle cinghie che... che avevo... con cui avevo legata la caviglia sinistra si è spezzata, non so se si è rotta la fibbia, allora qualcuno ha fatto un nodo, e questo nodo è rimasto nella parte interna della carne e... e questo piano piano, con tutto quell'attrito, mi ha fatto un... un buco, un buco che arrivava fino ai tendini, non lo so, un buco che poi si è infestato, mi ha lasciato una... una bella cicatrice. E... il metodo di... di tortura è anche... è stato anche supportato da... da un diverso atteggiamento che abbiamo avuto io e questa ragazza in questi momenti, e probabilmente queste sono cose che fanno più male della tortura fisica. Comunque io sono... sono una persona che ha parlato, che ho detto delle cose, ma penso di aver mantenuto dentro qualcosa che loro mi volevano togliere, e... sapete, la perdita dell'identità, la perdita della dignità e soprattutto la speranza, aveva ragione DANTE, quando ne "L'INFERNO" aveva scritto quella frase, questo è qualcosa che loro non sono riusciti a togliermi, ed io nel mio... nel mio piccolo ho resistito, ma lo dico così, apertamente, perché noi ragazzi di vent'anni non eravamo dei "RAMBO", che magari riesce nei film a togliersi e addirittura a picchiare i torturatori, e c'è penso più che la nostra durezza fisica, c'è la nostra umanità, l'umanità comporta anche delle debolezze, ma penso che... che questa nostra umanità che ci ha diviso e che ci ha distanziato da... dai nostri carnefici. Io sono rimasto... va be', se volete Vi dico che

non... dopo queste torture io non riuscivo a camminare e mi dovevano trascinare, il giorno seguente una ragazza mi ha interrogato e a me mi hanno seduto con queste scariche elettriche nell'ano, e anche lì facevo dei bei... dei bei salti, e... e poi successivamente con dei colpi sulle parti dolenti, che in realtà erano tutte, perché fa male tutto, fanno male le... le labbra, le ciglia e... e poi avevo la gamba, l'arto destro che era tutto una specie di mortadella bolognese, era tutto gonfio per i colpi che mi avevano dato. Pensate che questa persona che picchiava con il manganello si stancava... si stancava lui e cambiava di mano quando si stancava. E... io sono rimasto in questo campo di concentramento per quattro mesi, dal 3 maggio del '77 fino ai primi giorni di settembre del '77.

P.M.: chiedo scusa se interrompo.

CAVALIERI J.: prego.

P.M.: è stato in grado dopo di capire qual era il campo?

CAVALIERI J.: io il campo l'ho saputo... l'ho saputo nel carcere da altri sopravvissuti, al carcere legale dove sono stato. E... io pensavo di essere in una dipendenza della... dell'Infanteria della Marina che si trovava... nella mia città, e... dopo invece sono venuto a sapere che questo campo si chiamava "LA CACHA" e che si trovava nelle vicinanze de... del carcere legale della località di... di LISANDRO OLMO (come da pronuncia).

P.M.: vicino la CITTA' DE LA PLATA.

CAVALIERI J.: sì.

P.M.: è nella zona 1 provincia di BUENOS AIRES, in quella che all'epoca era chiamata la zona militare 1.

CAVALIERI J.: sì.

P.M.: da cosa deriva questo nome "LA CACHA"?

CAVALIERI J.: "LA CACHA" è stato... è stata battezzata così perché c'era un cartone animato in televisione a quei tempi che... per bambini, uno dei personaggi era una strega che si chiamava CACHA AVACIA (come da pronuncia) e che con la sua bacchetta magica faceva sparire... faceva sparire le persone in questo cartone animato, e allora qualcuno di queste Guardie ha avuto l'idea di chiamarla "LA CACHA" perché lì la gente la si faceva sparire.

P.M.: queste torture all'interno di questo inferno de "LA CACHA" sono durate quanto tempo?

CAVALIERI J.: sono durate questi... tre, quattro giorni iniziali.

P.M.: poi scusa stavi dicendo, sei passato al carcere legale.

CAVALIERI J.: settembre del '77 mi hanno portato nell'unità... ne LA PLATA. E... e questi detenuti, questi sequestrati si trovavano sdraiati per terra, io sono stato un mese abbondante sul pavimento con un telo e ammanettato a una... a un ferro che era ancorato al pavimento. Io ero in una specie di angoletto, perché questo luogo era stato in passato una specie di antenna trasmittente di una emittente locale, dentro era piena di circuiti elettrici, di pannelli, di isolanti, di porcellana, di cavi. Io stando dietro uno di questi pannelli ho cercato anche lì di suicidarmi, forse stupidamente, perché pensavo che in questi fili ci fosse della corrente elettrica, allora con una mano li... staccai un paio piano piano e... cercando di riuscire a... a suicidarmi, e in quel momento pensai molto ai miei che non avrei visto più. E niente, sui fili non c'era corrente elettrica, non c'era niente. Comunque stavamo tutti così, tutti incatenati, qualcuno aveva un materasso vecchio, ma eravamo tutti ammanettati, cioè ingrigliati a uno dei polsi al pavimento. E... in questo campo portavano tanta gente, noi abbiamo ricostruito con altri sopravvissuti i nomi di queste persone, quelli che abbiamo visto, quelli che abbiamo capito che erano lì. Io ho visto una donna incinta MARIA CURVALAN (come da pronuncia) che è stata portata incinta di otto mesi ed è stata portata via e... e quando è rientrata ha detto che aveva avuto una bambina e che lei l'avrebbe chiamata LUCIA; a lei gli avevano fatto il parto cesareo e aveva ancora i punti e una ragazza che stava in questo campo gli tolse questi punti. C'erano i famosi trasferimenti di detenuti, cioè dei gruppi di detenuti che venivano portati altrove, e quando sono arrivato insieme agli altri c'era questa voce che quasi tutti pensavamo vera, che ci recuperano, cioè questa idea che in fondo eravamo noi che eravamo caduti a una crudeltà così... così spinta, che non poteva essere vero, che in realtà in qualche modo questi militare ci avrebbero in qualche modo rinserito dopo anni di carcere, dopo altri passaggi, questo non si sapeva, però questa era la voce che circolava. E questi trasferimenti di detenuti erano in questo margo, in questo contesto, non so se avete visto il film di BENIGNI quando... quando agli Ebrei li portano nella doccia, la doccia che la gente va pensando che va a fare la doccia, beh, penso che i militari avevano concepito una cosa simile, forse molto più crudele, che faceva pensare a tutti quanti che... che questi trasferimenti portavano a diversi stati... comunque verso la vita, perché è difficile pensare quando si è così giovani che gli esseri umani possono essere così... così crudeli. E perché non ha senso, non ha senso tagliare il futuro a ragazzi come molti che stavano lì che hanno...

hanno parlato anche prima di venire torturati, soltanto per la paura e io penso a persone che avevano l'età che io ho adesso, e penso queste persone che avevano in mano a questi ragazzi e io avevo pure mia figlia e penso che sia una cosa assurda pensare che non ci sia per questi qua nessuna speranza, nessuna... cioè una parte della società che si prende il diritto di buttare nella spazzatura un'altra parte della società, quella che loro ritengono... che loro ritengono che non serve, che dà fastidio, io penso che quello sia... sia una cosa orrenda, gli estremismi, gli ideologici portano... portano a questo, a giustificare i mezzi, cioè tutti i mezzi sono giustificabili perché il fine in quel caso era salvare la patria da un'aggressione. Ma io penso che forse dopo tutti questi anni queste persone magari adesso sarebbero stati dei professionisti, sarebbero state delle persone che avrebbero dato un contributo enorme e invece nel mio Paese hanno... l'hanno praticamente privato di una generazione e anche della parte migliore, perché quando uno ci ha quell'idealismo perché vuole un cambiamento sbagliato o no, ma penso che se si sbagliava a voler cambiare la società una società civile e forse l'ITALIA ha avuto modo di verificarlo ha altri mezzi, altri mezzi reali, altri mezzi umani, perché poi le persone con il tempo cambiano; figuriamoci ragazzi che hanno venti anni, ma che comunque mantengono quella grossa spinta, quella grossa spinta per gli altri, che io ho, che io mi sento parte di quei ragazzi. E... io non mi senso sconfitto, per questo sono qua o forse sono uno sconfitto che non si vuole dare per vinto, ma che fa lo stesso. Comunque c'è stato un trasferimento un mese dopo il mio arrivo nel campo e questo per dire come... come avvenivano questi trasferimenti, a un certo punto hanno detto quelli che... quelli che stanno, quelli che sono interrogati da PITUTO, che era un Ufficiale penso della Marina e... anzi no LAMAN (come da pronuncia) che vanno in un altro campo, vanno trasferiti e tutti alzavano la mano, e io ho alzato la mano perché io ero interrogato da questo, da questo Ufficiale. Allora quando venne una delle Guardie, le Guardie erano dei Sottufficiali, gente della Marina, dell'Esercito e dei Servizi Segreti facevano questi gruppi e anche del servizio Penitenziario, erano in quattro ogni Guardia e... e queste Guardie, il Capo di ogni Guardia erano dell'Infanteria di Marina, per questo io ho sempre pensato che fosse un campo della Marina, poi non ho verificato questo. Questa Guardia, io avevo alzato la mano, questo venne da me e... e mi disse: "vi portano a ", "pord recia" (come da pronuncia) significa che si andava a stare meglio, e io pensai che mi allontanavano da questa ragazza perché lei non era in questo gruppo, lei stava interrogata da altre persone e io mi misi a piangere, perché era come perdere ogni... ogni allaccio con... con la mia storia, al di là della persona, di tutto quello che ci poteva essere e allora questo mi disse: "aspetta che vado a chiedere" e tornando mi dice: "puoi rimanere" e io rimasi lì. Su di me hanno fatto un lavoro psicologico, un lavoro psicologico viene sorretto anche dal fatto che uno si trova in una situazione fuori dalla realtà, è come essere in un posto che non c'è e allora c'è la gente che sta in superficie, che vive la vita di tutti i giorni e la nostra realtà che non si conosce, che è fuori dalla dimensione quotidiana, che è fuori dal mondo. E viene questo lavoro psicologico, io non sono uno specialista in queste cose, forse potrebbe dire meglio un esperto, ma c'è anche un ricatto permanente, perché loro mi hanno detto: "non ci mettiamo niente a portare tua sorella qua o tua madre o tuo padre", perché sapevano che mia sorella per una piccola parte mi aveva appoggiato, sapevano di altre persone che... che anche mia madre era sta in qualche modo un appoggio, che a casa permetteva che si facessero delle riunioni. E quindi la presenza di questo terrore che io ho sempre avuto, che queste cose che mi hanno fatto a me le avessero fatte a mia sorella, che è qualche anno più grande di me, che si era appena sposata, o a mia madre o mio padre, come è successo, ci sono altri casi. E questo... questo lavoro psicologico era supportato con delle domande che sembravano dei test psicologici, domande che riguardavano la mia famiglia e domande del tipo "per quali personaggi io avevo invidia" a livello così generale, io ricordo che dissi per i grandi musicisti. E poi c'è una cosa che... che ho letto da qualche parte, che è l'annullamento della personalità, cioè la persona cerca in qualche modo di farsi proprietario della propria... dell'anima del detenuto, in modo che uno perde la nozione delle proprie decisioni. Questo lavoro è stato supportato anche da una telefonata che mi hanno fatto fare a casa dei miei genitori, il giorno del mio compleanno, il 30 giugno, mi hanno... due persone mi hanno messo dietro a una macchina, ammanettato e mi hanno portato... ho fatto un giro lunghissimo, poi mi hanno portato in un luogo assurdo per fare una telefonata, ma io pensavo fosse anche una prova per vedere se io tentavo di scappare, perché era un luogo pubblico, era la stazione delle Ferrovie della mia città, questi hanno cercato... mi hanno tolto le manette da una parte e dall'altra parte non riuscivano a togliere, allora mi hanno detto: "va be', no, no, così torniamo, torniamo, che non può mica andare con una manetta", allora io disperatamente misi

questa manette dentro a una tasca e ho detto: "vedete, posso andare che non si vede niente". E allora mi hanno portato dentro la stazione queste due persone, avevano delle giacche come quelle che ci ho io e dalla tasca uno mi puntava addosso, dice: "se fai qualche movimento io ti sparo", ma penso che tutta quella zona si trovasse controllata e quella fosse una prova per vedere se io tentato di scappare, qualcosa del genere. Questa persona da un telefono pubblico che era dentro la stazione fece il numero che io gli dissi e col telefono invece di dire il mio cognome, disse: "FERNANDES, MARTINES" e io ho detto: "no, no" e ho preso il telefono in mano e c'era mio... e io gli dissi: "sono vivo", "dove sei, dove sei?" mi diceva mio padre, "non lo so papà, ma non ti preoccupare che sto bene", e quell'altra persona mise giù il telefono. In me in pratica questo lavoro psicologico era... era fatto su di me, perché loro avrebbero voluto che io andassi a collaborare nel carcere legale, evidentemente a loro serviva delle gente che andasse nelle carceri legali, dove c'erano detenuti già legalizzati e... e facessero un lavoro come ho visto che facevano delle persone di segnalare chi erano i militanti, chi erano... non lo so, questo lavoro qua. E questo non so perché ci hanno tenuto tanto, perché l'ultimo mese o più... più di un mese non sapevamo nulla cosa sarebbe stato di noi. Il giorno del nostro trasferimento, mio e di questa ragazza nel... in un Commissariato, nel Commissariato OTTOVA della mia città, venne un militare che era dell'Esercito e ci dice: "voi andate nel carcere che dovete vedere gente nostra". Andammo nel Commissariato, lì trovammo dei ragazzi che tempo prima erano stati trasferiti, uno di questi trasferimenti, erano stati trasferiti in questo Commissariato ed erano vivi e questo gruppo di ragazzi che avevano firmato delle dichiarazioni, era lì perché li utilizzavano come elementi che si erano... diciamo così li facevano risultare come... che si erano consegnati spontaneamente, perché in quel periodo, questo l'ho saputo dopo, i militari avevano varato una legge che si chiamava di presentazione, di "Presentacion Volontari", cioè che in teoria... così visto il loro... la loro vittoria su questa minaccia sovversiva chi voleva avrebbe potuto presentarsi; e questi ragazzi qua che non si erano presentati spontaneamente per nulla, loro gli avevano fatto firmare delle dichiarazioni, insomma li avevano utilizzati per portarli davanti a un "conseco de guerra" (come da pronuncia), a un Tribunale Militare, dove sono stati alcuni condannati, altri assolti e lasciati andare. E... io non sapete quanto ho pregato, perché uno quando si trova in condizioni disperate cerca di aggrapparsi a tutto

quello che ha a disposizione e siccome da piccolo mi hanno insegnato che c'è un Dio, io pregavo questo Dio che mi venisse incontro e che mi permettesse di resistere, di fare in modo di tagliare questa... questo ricatto, questa merd... E lì già nel Commissariato mi ricordo che ci diedero due minuti con questa ragazza e io l'abbracciai e gli chiesi di non farlo, di non fare questa... di non farsi usare, che facesse il possibile. Nel carcere legale sono arrivato con circa quindici chili, ero una specie di straccetto, perché tra l'altro non so, dovevo essere un caso strano, ma in questi quattro mesi io non ho defecato, devo essere un caso, per cui appena mi sono... mi hanno messo in piedi diciamo definitivamente, che ho cominciato a camminare nel Commissariato, ho avuto una diarrea spaventosa, una cosa che fu un'altra sofferenza. Nel carcere legale sono andato nella cella di isolamento, come facevano con tutti quanti, la cella di isolamento era grande, era tutta di cemento e ci aveva addirittura un cesso alla turca in un angoletto, che per me era il massimo e pensai che quella era la cella definitiva dove sarei stato tutti quegli anni, perché pensavo di stare degli anni. Mentre stavo lì nella cella di isolamento mi hanno portato in una stanza e c'era un signore che mi ha portato dei fogli dattiloscritti e me li hanno fatti firmare, io volevo leggerli e lui mi ha detto: "non sono da leggere, devi firmare e basta", dico: "che cosa sono?" dice: "vai in libertà". Mi hanno portato nella cella vera che era... che c'era luce, c'era una finestra, c'era un tavolino, un letto e poi arrivò l'ora d'aria, e la prima ora d'aria dove sono uscito con gli altri detenuti e lì trovai un ragazzo che io conoscevo dell'Università e in mezzo alla mischia ci abbracciammo e... io dissi a questo ragazzo, perché volevo dare a loro le armi per difenderci, dissi: "sono stato in un campo, state attenti a tutti quelli che vengono dai campi e anche a me", e io pensavo che loro avessero capito la mia psicologia e sapete che quando uno esce da una condizione del genere, si è un po' pazzi no, non si ha tutte le rotelle a posto, pensavo, una delle ipotesi che facevo è che questi avessero capito che io non l'avrei fatto e che sarei andato diritto dai compagni miei e loro così mi avrebbero utilizzato come, come posso dire, come richiamo, come uccelletto e sapendo questo, mi sono autoisolato e per mesi ho camminato da solo nel cortile anche per avere, nel caso mi... mi chiamassero la scusa di dire, io sono isolato, non sono... forse ho scommesso bene, forse ho pregato bene, ma non è successo nulla e piano piano con questa piccola lucetta che mi era rimasta dentro ho incominciato a farmi forte, a fare ginnastica e già non era la stessa cosa di prima, dei primi momenti.

Comunque io avevo sempre paura che facessero del male a mia sorella e penso, Ve lo dico apertamente, che se avessero fatto del male a mia sorella avrei collaborato con loro. Ma questo non è avvenuto e... è una delle piccole soddisfazioni che io mi porto dentro e... nel carcere in poco tempo sono venuti della "CROCE ROSSA INTERNAZIONALE", e c'erano questi signori in giacca e cravatta che venivano e che parlavano uno spagnolo approssimativo e... venivano un po' dalla FRANCIA, dall'ITALIA, dalla SVIZZERA, io tutta questa cosa me la tenevo dentro, perché ai miei, per proteggerli gli dipingevo una situazione molto... rilassata, molto rosea e... non volevo coinvolgerli o metterli in allarme, perché sapevo che se... mia sorella avesse preso magari la valigia del... per cercare di scappare, di prendere un aereo, qualcuno di loro forse sarebbe stato fatale e ho lasciato tutto così, ho cercato di farli credere che tutto andava bene, che io stavo bene e allora durante questa visita della "CROCE ROSSA INTERNAZIONALE" mi è capitato un signore e allora, loro venivano a sapere come stavano i detenuti, cosa si mangiava in questo carcere, se ci picchiavano, e io... provai a vedere cosa... cosa diceva e gli dissi: "ma lei lo sa - dico - che oltre a questi ci sono altri carceri" e questo mi interruppe subito, e dice: "ah, lei non sa come stanno in Unione Sovietica" e quindi io non mi sono più fidato di loro, cioè magari avrei cercato un appoggio, perché essere da soli e gestire quella pesante situazione a ventuno anni non è semplice, in più cercare di proteggere delle persone di essere preoccupato per loro, non è facile da gestire e penso di aver fatto il meglio, poi dopo qualche tempo è venuta questa grandissima occasione, una visita che... che lo... l'Organizzazione degli Stati Americani ha... ha fatto una visita durante il regime. E quindi io preparai un documento con la mia vicenda personale tutti i nomi che ricordavo e che ricordavamo, perché nel frattempo questi ragazzi che avevo trovato nel Commissariato erano ricomparsi nel carcere, allora insieme abbiamo cercato di ricordare più nomi possibili, e visto quell'andamento ogni volta che arrivava qualche detenuto nuovo io pensavo che magari qualche detenuto che era stato lì, in quell'altro posto, era salvo e aveva fatto il percorso che doveva fare. E allora in questa occasione io feci anche un documento, mi ricordo che parlava di tutta la situazione in ARGENTINA, la situazione legale, perché c'era molta, molta paura fra i detenuti e anche fra i militanti, quelli in gamba, perché potevano essere, queste persone potevano essere anche dei civili che la dittatura mandava lì, e noi consegnavamo delle dichiarazioni a questi qua, come

credo che sia avvenuto da qualche parte e quindi avendo questo documento sono andati dal primo ragazzo che stava nella cella del mio padiglione e questo ragazzo gli ha detto: "guardi che c'è CAVALIERI JOSE', che ci ha scritto un documento a nome di tutti quanti" e questo documento qualche ora prima lo aveva passato ad un compagno che per la paura che aveva sentito dei rumori, lo aveva strappato tutto quanto e lo aveva buttato nel cesso e allora venne da me un signore, mi sembra fosse cileno di questa commissione e loro non avevano idea di cosa stava avvenendo, avevano sentito e... allora io parlai, dico: "voi non potete prendere delle persone così per intervistarle, perché è anche rischioso per quella persona", cioè è una... è successo questo a me, ma io documento non ce lo ho più, allora loro hanno chiesto al carcere e gli hanno dato la Parrocchia del carcere e hanno chiamato a tutti, tutti i detenuti a dichiarare e io ho dichiarato con la stenografa e mi ricordavo tutto quello che avevo scritto e questo documento è stato stenografato e... in un angoletto di questa Parrocchia ci siamo abbracciati con un altro ragazzo, perché ci sembrava una... una cosa impossibile essere riusciti, essendo ancora dentro il carcere, di poter... dire quelle cose, fare quelle denunce. Tempo dopo venne al carcere una... un militare che intervistò tutti quanti, penso che facesse parte di una mascherata per dire che il... che la dittatura stava in qualche modo occupandosi della situazione delle carceri non so, comunque quando toccò il mio turno mi dice... "dove l'hanno detenuta a lei?" e io gli ho detto: "mi hanno detenuto nella via pubblica le Forze Armate e questo mi rise in faccia e dice: "e lei come lo sa che... lo hanno detto tutte le Forze Armate?" e io "perché avevano la sua uniforme signore" e questo fece così e mi mandò via. Nel frattempo mio padre aveva fatto, tramite il Consolato Italiano, la... richiesta di cittadinanza italiana, perché mio nonno, suo padre era italiano e si chiamava JOSE' e... era una famiglia di SICILIA e allora tramite questo vincolo di sangue, mio padre fece la cittadinanza italiana e con questo certificato di cittadinanza, essendo io detenuto senza processo e loro fecero la richiesta di uscire dal paese, c'era una legge che permetteva ai detenuti senza processo di uscire, ma questo veniva concesso non... era un prerogativa che la dittatura si... si concedeva ma che nella nostra Costituzione è previsto, verso l'inizio dell'80 vengo trasferito nel carcere di massima sicurezza di BUENOS AIRES, "CASEROS" questo precedentemente era il Carcere dell'"UNITA' NUEVE", "NUOVE" de LA PLATA e io non sapevo veramente, perché nel trasferimento c'erano dei... sia dei detenuti che già erano sicuri di uscire dal Paese e c' erano altri detenuti con condanne a quindici anni, per cui... io pensai lì per lì che era una... vendetta, che mi avrebbero tenuto dentro per altri anni, e invece dopo un mese che era uscito... mio padre riuscì a visitarmi mi disse che mi avevano concesso l'uscita dal Paese, quando arrivammo in quel carcere ci diedero una mazzata bestiale a tutti quanti, e... niente mio padre, poverino, non voleva che me ne andassi e quindi fece parecchia fatica per fare queste pratiche, perché aveva sempre la speranza di vedermi arrivare a casa. Quando uscì dal carcere c'erano... portai con me, mi si faceva... a quelli che uscivano, delle richieste che i detenuti facevano ai Vescovi, delle richieste scritte e questo lo portai nel sedere come si faceva, si faceva un... un pacchettino, si scriveva nel... nella carta che è appiccicata alla carta metallica delle sigarette piccolo, piccolo, poi si piegava, molto, molto bene, si chiudeva con il cellofan e con la fiamma del fiammifero, si faceva ermetico e poi... o così o con la carta sempre metallica si introduceva nell'anno e io quando arrivò il momento portai questo documento con me (piange) scusate. Ricordo che... ricordo che ero nel... nel cellulare e guardando dal finestrino vidi che questo cellulare che portava altri detenuti si era fermato in... in un ospedale psichiatrico e quando vidi che si era fermato davanti a radiologia, pensai che... che mi avrebbero visto con i Raggi X questa cosa che portavo in me, invece stavano scaricando dei detenuti che venivano da altre parti, sono stato due giorni o tre in un... sito di passaggio Cordinazion Federal in isolamento e poi mi hanno portato l'aeroporto e... con un volo di "ALITALIA", mi hanno tolto le manette prima di salire sull'aereo, i miei mi avevano portato dei vestiti e... mi avevano messo nell'equipaggio una valigia che io non... non sapevo neanche cosa avesse dentro. E sono arrivato in ITALIA e in ITALIA, devo dire un'altra cosa anche, che quando ebbi la cittadinanza italiana venne il Console della mia città per dirmi che mi era stata concessa questa cittadinanza, venne il carcere a trovarmi l'unica volta, e mi dice: "lei è un cittadino italiano per noi, però - dice - non faccia valere questa cosa qua dentro, perché qua non serve a niente, lei quando arriverà in ITALIA avrà tutti i suoi diritti, ma qui non possiamo fare nulla", allora arrivato in ITALIA mi chiamavano il deportato, sono arrivato a FIUMICINO e la Guardia di Finanza mi fece salire su un camioncino e mi portarono in un posto, in un modo abbastanza rude e... alla fine arrivò una persona che forse era responsabile dell'aeroporto, non so della sicurezza, e... mi prese per una spalla così, ed era il primo gesto così, che trovavo, dice: "bravo ragazzo, connazionale, qua non ti succederà nulla" e mi diedero l'indirizzo del Ministero degli Affari Esteri e... quindi uscii a FIUMICINO, c'era una mia valigia che io conoscevo, perché era una valigia vecchia, che mia madre mi aveva messo con un fiocchetto giallo e... ecco per dirvi come uno esce... con la testa e c'era questa valigia che girava per il nastro e io non... avevo paura di prenderla dico, non so neanche cosa c'è dentro come faccio a giustificare che è mia questa valigia, ero da solo e sapevo dire qualche parola di italiano, perché un amico nel carcere mi aveva insegnato; e allora chiesi a uno della manutenzione che passava con i carelli, dico: "scusi, come si fa per prendere la valigia?" e questo mi guardò e mi disse: "ma qual è la sua valigia?", io dico: "quella che gira lì" era l'unica, e questo mi guardò, perché dice questo deve essere matto, dice: "la prenda no?" e allora sono uscito dall'aeroporto e un taxi privato mi ha preso la valigia e mi sembrava il massimo gesto di amicizia che qualcuno mi poteva fare, mi portò in un albergo che costava un sacco di soldi e... niente quella sera sono uscito per la prima volta a fare un giro per ROMA, e... il giorno dopo sono andato al Ministero degli Affari Esteri e lì mi hanno ricevuto molto gentilmente e... mi hanno rassicurato che loro avevano delle liste di persone detenute e non trovate, e mi hanno dato 150.000 (centocinquantamila) lire e il... l'indirizzo della "CROCE ROSSA INTERNAZIONALE" e... quindi, siccome io avevo bisogno di un albergo, chiamai questa signora che mi diede una serie, della "CROCE ROSSA INTERNAZIONALE", che mi diede una serie di telefoni, di indirizzi, io non sapevo neanche come telefonare, dovevo chiedere tutto; e ricordo che da lì... dal Ministero presi un autobus senza pagare il biglietto e senza niente, poi un altro e quando vidi il COLOSSEO sono sceso e incominciai a girare lì, cercando un telefono riuscì a telefonare a uno ma... mi parlava ma io non ero riuscito a capire molto, e sono andato a mangiare una pizza, la pizza al taglio a VIA CAVOUR e lì entrò una ragazza molto carina, si sedette lì affianco chiedendo della pizza e io sentì un accento familiare, e gli chiesi: "ma sei italiana?" "no", "di dove sei?" "sono ARGENTINA", era un esule anche lei ed era passata per un'esperienza brutta, molto brutta e quindi tramite lei ho preso contatto con gli esuli che stavano qui, con una mamma che stava qui, cercando di liberare i suoi figli, i suoi due figli, e tramite questa mamma ebbi il... l'indirizzo di un Cardinale, un Cardinale argentino che era stato fra i papabili, poi invece è andato come Papa a GIOVANNI PAOLO I e allora, ho chiesto l'udienza con questo Cardinale e il suo Segretario che era uno spagnolo, Padre FERNANDO, mi fece, dice: "viene fra una settimana, vieni a questo appuntamento a SAN PIETRO e dice: "guarda il Cardinale PIONIO (come da pronuncia) non ti può ricevere perché è fuori ROMA ha dovuto fare, però - dice - io riferirò ogni cosa a lui" e allora io gli ho detto: "guardi io vengo dal carcere, ma lei lo sa che in ARGENTINA ci sono questi posti dove non si sa dove vanno a finire questi ragazzi, ci sono dei campi di concentramento" e lui mi dice: "guarda non si può fare più nulla, sono tutti morti", ma dico: "ma voi siete sicuri? Siete sicuri che neanche uno?" e lui dice: "guarda figlio mio noi abbiamo delle informazioni molto precise" e io... ho continuato a credere, a credere che ci fossero altri campi in PATAGONIA, dove si diceva, perché anche loro avevano messo questa voce in giro, allora perché non li hanno fatti? Perché non li hanno fatti veramente?

PRESIDENTE: se il Pubblico Ministero deve fare...

CAVALIERI J.: e quindi...

PRESIDENTE: ...altre domande?

P.M.: no, io no, preferirei...

PRESIDENTE: i Difensori di Parte Civile, nessuna domanda? Gli altri Difensori, i Difensori degli imputati? Senta brevemente qualcosa, lei che attività svolgeva, per quale motivo è stato arrestato, cioè se ci vuole dire...

CAVALIERI J.: facevo attività politica nell'Università.

PRESIDENTE: ecco, ma che tipo di attività politica?

CAVALIERI J.: l'attività nostra era attività di... attivismo politico per le rivendicazioni dell'Università della Facoltà di Medicina, dopo... dopo il colpo di Stato, non si poteva più entrare nell'Università e quindi ci limitavamo a fare, a scrivere delle consegne, a fare nel muro a fare pubblicità contro la dittatura, contro il piano economico, cioè delle cose che non riguardavano più l'Università, perché non erano... non era più possibile farle.

PRESIDENTE: ma era un movimento organizzato in modo...

CAVALIERI J.: era un movimento organizzato...

PRESIDENTE: non clandestino?

CAVALIERI J.: non era clandestino, fino al giorno del colpo di Stato, anzi precedentemente i "Montonero" si erano auto... erano passati all'illegalità diciamo durante il Governo di "ISABELITA PERON" qualche mese prima del colpo di Stato.

PRESIDENTE: ma lei non faceva parte di questa organizzazione armata?

CAVALIERI J.: i "Montoneros" aveva una struttura di movimento che eravamo noi e aveva la struttura di partito, di partito armato, che... di cui facevano parte dei militanti che avevano un certo livello, i cosiddetti Ufficiali. Poi "Montoneros" aveva anche una struttura militare che si chiamava l'"Esercito Montoneros".

PRESIDENTE: lei dico a quale...

CAVALIERI J.: io appartenevo al movimento, al movimento... quelli che avevano il livello che stavano fuori dal partito.

PRESIDENTE: e quindi non hanno partecipato alla lotta armata diciamo.

CAVALIERI J.: no.

PRESIDENTE: né ad azioni di tipo...

CAVALIERI J.: di guerriglia...

PRESIDENTE: ...di guerriglia o di attentati o altro, quindi non ha mai avuto disponibilità di armi lei?

CAVALIERI J.: no.

PRESIDENTE: ma lei quindi è stato messo in una prigione normale, perché in qualche modo ha collaborato o ha...

CAVALIERI J.: ma io penso che loro potevano scegliere un'altra persona, potevano scegliere altre persone, perché non c'era una logica lì dentro, io se ci fosse stata una logica avendo resistito al mio arresto e avendo resistito alle situazioni di tortura in quel modo, potevano benissimo scegliere di fare questo lavoro su un'altra per... su altre persone.

PRESIDENTE: ma non le risulta che abbiano arrestato altre persone in base alle indicazioni...

CAVALIERI J.: sì.

PRESIDENTE: ...che aveva dato lei.

CAVALIERI J.: sì.

PRESIDENTE: questo le risulta?

CAVALIERI J.: mi risulta.

PRESIDENTE: cioè lei ha fatto dei nomi di persone che partecipavano al suo stesso movimento?

CAVALIERI J.: e... mah, io... sono stato... sono stato in qualche modo abbandonato dalla persona con cui mi avevano arrestato, e questo è quello che ha scatenato diciamo quello che è seguito, probabilmente se mi avessero preso da solo la mia strada sarebbe stata un'altra. Però penso che per fare questo... questo lavoro potevano scegliere una persona per loro meno ambigua, meno pericolosa, qualcuno che magari non aveva in sé i segni della tortura o i ricordi di quello che aveva vissuto. Comunque...

PRESIDENTE: lei non ha più visto nessuno di queste persone, nessuna di queste persone che ritiene siano state arrestate sulla base delle sue indicazioni.

CAVALIERI J.: sì.

PRESIDENTE: le ha riviste dopo?

CAVALIERI J.: ho visto una persona nel campo che è stata arrestata dopo di me e questa persona è stata portata davanti a questa ragazza che... gli ha detto che non... di non resistere che io mi ero resistito e stavo lì, che non potevo neanche camminare e questo ragazzo dice: "io voglio fare come ha fatto lui", questo però ve lo posso dire perché mi è stato raccontato.

PRESIDENTE: e poi che sorte ha avuto questa persona?

CAVALIERI J.: questo ragazzo ha fatto dei nomi prima che lo torturassero e... ed è stato portato via in quel trasferimento di detenuti di cui Vi ho parlato precedentemente, quello con cui si alzava la mano.

PRESIDENTE: quindi non sa se è stato poi liberato...

CAVALIERI J.: no...

PRESIDENTE: ...se è stato ucciso.

CAVALIERI J.: ...non è stato liberato, è stato ammazzato.

PRESIDENTE: con tutto che aveva fatto dei nomi, quindi la logica era...

CAVALIERI J.: non c'era una logica.

PRESIDENTE: ...poco comprensibile.

CAVALIERI J.: io sono stato arrestato perché mi hanno visto.

PRESIDENTE: e la ragazza poi che è stata arrestata con lei che sorte ha avuto?

CAVALIERI J.: è andata in un carcere femminile e... e qualche... un anno dopo di me è uscita in ARGENTINA, è uscita in libertà. E no, non c'era una logica.

PRESIDENTE: va bene, se non ci sono altre domande, si può accomodare, la ringraziamo.

CAVALIERI J.: grazie a Voi.

P.M.: si può fare una pausa Presidente? Di dieci minuti, un quarto d'ora.

PRESIDENTE: quanti ce ne sono ancora di testi?

P.M.: i testi oggi sono tanti, sono cinque ancora.

PRESIDENTE: perciò dico bisogna cercare magari di contenere la pausa e poi soprattutto di contenere un po' queste testimonianze, perché noi...

P.M.: è difficile...

PRESIDENTE: ...abbiamo lasciato andare la cosa, perché ci siamo resi conto anche della partecipazione emotiva che il teste aveva, però non possiamo consentirlo adesso per le prossime testimonianze, altrimenti questo Processo non dovrebbe avere fine. Allora facciamo una pausa breve. (Sospensione).-