Processo d'appello ESMA - R.G. 4/07

Processo d'appello ESMA della II° Corte d'Assise di Roma - R.G. 4/07

Stato Italiano
I° CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI ROMA
Presidente: Dott. Antonio Cappiello

Aula Magna
Via Romeo Romei - Roma
Udienze:
8, 10, 17, 22 e 24 aprile 2008


La sentenza ESMA di primo grado

Foto di Maurizio Mirrione
LA CORTE DI ASSISE DI ROMA

Seconda sezione

Sentenza 14 marzo 2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


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Richieste d'appello alla sentenza E.S.M.A.

I difensori dei militari condannati il 14.3.2007 a Roma hanno appellato la sentenza.

Vedi i ricorsi interposti in favore di:

- Jorge Eduardo Acosta
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- Alfredo Ignacio Astiz
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- Héctor Antonio Febres
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- Jorge Raúl Vildoza
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- Antonio Vañek
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Udienza dibattimentale d'appello dell'8.4.2008
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Costituzione delle parti. L’Avv.to Giuseppe Poerio (difesa Febres, deceduto lo scorso dicembre per avvelenamento) dichiara di voler continuare il processo e dunque la difesa del suo assistito al fine di veder dichiarata l’assoluzione o confermata la colpevolezza. In quest’ultimo caso provvederà alla richiesta di dichiarazione di estinzione del reato per morte del reo ex Art. 150 c.p.
Chiede successivamente la parola l’Avv.to de Angelis (difesa Astiz), il quale solleva due questioni preliminari eccependo innanzitutto la nullità della notificazione della sentenza di 1° grado non tradotta nella lingua dell’imputato e quindi contraria all’art. 111 Cost. (giusto processo) nonché agli Artt. 6 della CEDU e 4 del PIDCP.
In secondo luogo eccepisce la nullità dell’avviso di citazione all’imputato nonché quella di tutti gli altri atti successivi in quanto non è stata considerata l’impossibilità materiale dell’imputato a partecipare al processo, avendo avuto, lo stesso difensore di ufficio, notizia i primi giorni del mese di agosto che l’imputato Astiz si trovava in vinculis. L’assenza dell’imputato al processo deve essere dunque ricollegata all’Art. 420 ter (impedimento a comparire dell’imputato o del difensore) e non all’Art 420 quinques (assenza e allontanamento volontario dell’imputato).
Il P.G. si dichiara contrario alle eccezioni dell’Avv.to difensore e ne chiede dunque il rigetto.
L’Avv.to Gentili (Gullo/Pegoraro - "Abuelas de Plaza de Mayo") reputa le due eccezioni infondate ricordando che l’imputato Astiz ha rifiutato la giurisdizione al momento della notifica dell’atto di citazione considerando una “barbaridad” l’essere giudicato in Italia (così come si evince dagli atti delle indagini preliminari). Chiede pertanto il rigetto delle due eccezioni.
L’Avv.to Maniga (Gullo/Pegoraro - "Familiares"), unendosi alle richieste di rigetto delle eccezioni presentate, ritiene che l’assenza dell’imputato durante il processo di primo grado ha reso palese quale fosse l’idea di quest’ultimo rispetto al giudizio italiano. Inoltre ritiene che non esista la necessità della traduzione nella lingua castellana essendo l’imputato stato dichiarato contumace.
L’Avv.to Fedeli (Presidenza del Consiglio dei Ministri) si associa alla richiesta di rigetto delle due eccezioni riportandosi alle dichiarazioni precedentemente ascoltate.
Si associano alle richieste di parte civile anche i difensori degli intervenienti, mentre tutti gli Avv.ti della difesa non si oppongono alla richiesta dell’Avv.to de Angelis.
La corte, ritenuto necessario acquisire gli atti dell’indagine preliminare relative alla richiesta di rogatoria per le notificazioni agli imputati, e quindi solo relativamente a questi atti, dispone l’acquisizione degli stessi e si riserva sull’eccezione presentata dalla difesa dell’Avv.to Astiz, rinviando 10.04.2008 alle ore 9.30.

Udienza dibattimentale d'appello del 10.4.2008
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Ritiro della Corte in Camera di Consiglio. La Corte a scioglimento della riserva respinge le due eccezioni.
Viene respinta la prima eccezione perchè, come prevede l’Art. 169, 3 comma c.p., “…se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore.” E la sentenza è dunque stata correttamente consegnata al difensore dell’imputato.
Per quanto attiene la seconda eccezione, questa viene respinta in quanto l’assenza dell’imputato nel processo di primo grado si è avuta ex Art. 420 quinques. Inoltre già al momento della notifica della sentenza si era venuti a conoscenza dello stato di detenzione dell’imputato Astiz, il quale non ha fatto valere il suo impedimento, ex Art. 420 ter, a partecipare al processo di primo grado.

Prende la parola il Giudice a latere, Dott. Mauro, per una relazione introduttiva del giudizio di Appello. Ricorda le testimonianze rese in primo grado, le prove documentali acquisite durante il processo (per esempio il rapporto del CONADEP, Nuna Mas, nonché “il volo” dove sono raccolte le confessioni di Adolfo Scilingo sulla pratica usata all’ESMA dei voli della morte).
In base a tali elementi la Corte ha ritenuto provato che le vittime di tale processo : Angela Maria Aieta, Susanna e Giovanni Pegoraro, mai ricomparsi, fossero state eliminate con il sistema dei voli della morte in uso solo ed esclusivamente presso il centro di detenzione dell’ESMA. Si parla di sistema in quanto è stato riferito dalle testimonianze che questo fosse un piano eseguito secondo direttive precise. La morte della persona sequestrata era nella previsione generale (anche se non si nega che ci siano stati dei sopravvissuti, avendoli avuti anche come testimoni nel processo di primo grado). La sentenza so fonda sull’affermazione della corresponsabilità dei soggetti in un luogo soggetto a disposizione esclusivo della Marina. Le uccisione erano parte di una disposizione militare e tali imputati conoscevano bene le direttive.
Il G. a L. conclude la sua relazione enunciando i motivi dell’Appello. La difesa sostiene che non esita la prova del decesso delle vittime, ma se anche ciò esistesse non vi sono prove che questo sia avvenuto all’ESMA. Si contesta dunque l’esistenza della prova.
Inoltre la difesa chiede l’esclusione delle aggravanti di predeterminazione e dell’aver causato sevizie agendo con crudeltà, nonché la richiesta della riduzione della pena irrogata perché ritenuta eccessiva in quanto i soggetti imputati erano, al tempo dei fatti, soggetti alla disciplina militare e quindi la loro colpa deve essere ritenuta per così dire inferiore perché gli imputati erano meri esecutori di obblighi derivanti dall’alto.

Inizia così la discussione del processo di Appello e la parola viene data al Proc.Gen. Dott. Onofrio il quale riassume le circostanze grazie alle quali viene instaurato il Processo. I fatti riguardano tre cittadini italiani: Angela Maria Aieta, Giovanni e Susanna Pegoraro. È l’art. 8 c.p. “che ci permette di trovarci in questa sede per stabilire se gli imputati sono colpevoli di omicidio nei confronti dei nostri tre concittadini.” L’istruttoria è servita per accertare giuridicamente ciò che già si sapeva: che il 24 Marzo 1976 la Argentina è stata vittima di un colpo di Stato durante il quale i militari sciolgono il Parlamento e la Suprema corte di Giustizia. Dopo di ché i militari argentini, prendendo esempio dagli errori commessi in Cile, dove la repressione degli oppositori venne fatta alla luce del sole riempiendo gli stadi di persone avverse al regime, decidono di portare avanti la loro repressione in modo clandestino, con la creazione di veri e propri centri di detenzione clandestini tra cui l’ESMA. Quest’ultima, nel cuore di Buenos Aires, diviene un vero e proprio luogo di tortura dove un “ vero e proprio cammino di sevizie e crudeltà viene attuato su 5000 persone essendo pochi quelli che ne sono usciti”. All’interno dell’ESMA l’organizzazione si divideva in tre reparti: c’era quello che si occupava di sequestrare , torturare e poi “trasferire” i prigionieri, ed in più si aveva un reparto logistico ed uno di attuazione del programma nel quale vi erano gli addetti alla requisizione di beni immobili o di beni preziosi appartenenti alle vittime dei sequestri.
Ed una lista con il nome di tali vittime, continua il P.G., era già stato preparato prima del golpe, ma in tale elenco erano contenuti non soltanto i nomi dei monteneros, ma anche di tutti coloro che, per esempio solo per aiutare i poveri erano considerati sovversivi.
Dalle ricostruzione storiche si evince poi che gli ordini s cui i militari dovevano ubbidire erano ordini non scritti in maniera che non esistesse traccia dei loro atti. Ma sappiamo che gli ordini non scritti sono ordini illegali ed i sottoposti non sono obbligati ad obbedire a tale tipo di ordine. Non è applicabile la scriminante prevista dall’Art.51 c.p. perché per non essere punibili l’ordine deve essere legittimo e dunque scritto.
A questo punto il P.G. riporta ciò che si evince dagli atti del Processo in primo grado nonché dalla Sentenza che ne deriva, sulle sorti dei tre nostri concittadini italiani secondo quanto ricostruito dalle prove testimoniali (che i tre si sono stati visti all’ESMA, che da un mercoledì -giorno in cui si eseguivano i “trasferimenti”- di fine 1976 la Sig.ra Angela Maria Aieta non è stata più vista all’interno dell’ESMA, che un teste ha sentito un militare dire che la Sig.ra Aieta era all’interno di uno dei voli della morte). “non sono mai stati trovati i corpi, ma fortunatamente in Italia non è necessario l’habeas corpus perché si possa instaurare un procedimento come questo.” Gli inidizi sulla scomparsa di queste tre persone sono, continua il P.G., precisi, concordanti e concreti. Questo è un processo indiziario , ma gli indizi sono tali che “ tengono luogo della prova”.
Gli imputati hanno messo in essere ciascuno una parte del piano criminale, consapevoli della fine che i sequestrati avrebbero fatto. È dunque possibile applicare il Principio di Equivalenza delle cause per cui si deve considerare che la condotta degli imputati è eziologicamente unitaria e responsabile dell’evento morte. E la stessa omissione imputata all’imputato Vanek deve essere comparata alla commissione dell’evento. Egli sapeva e non ha fatto niente per fermare le atrocità che si stavano commettendo dentro l’ESMA.
Per quanto riguarda le aggravanti, il P.G. comincia col considerare quella della predeterminazione. Il fatto che all’interno dell’ESMA si usasse una capucha grigia o bianca a seconda che il prigioniero fosse destinato ad un volo della morte(se considerato pericoloso o se non avesse parlato) o alla liberazione (se avesse confessato a seguito delle torture o fosse utile ai militari), o il fatto che Vanek in una riunione del Gennaio/ Febbraio 1976 –così come ci dice Scilingo nelle sue confessioni- rassicurasse gli ufficiali dei pregi dei voli della morte rassicurandoli anche del fatto che la chisa approvava tale metodo , ci fa capire come gli atti dei militari fossero appunto premeditati.
Per quanto riguarda l’altra aggravante dell’aver causato sevizie ed agito con crudeltà, le testimonianze ci dicono che i tre omicidi sono stati preceduti da atti di tortura.
È naturale che la difesa chieda l’esclusione delle aggravanti perché se queste non esistessero, e dunque si fosse in presenza di un reato di omicidio generico, il reato sarebbe estinto per prescrizione. Se invece viene dimostrata l’esistenza di aggravanti per cui ex Art. 577, è prevista come pena quella dell’ergastolo, allora il delitto non potrà mai cadere in prescrizione.
A questo punto il P.G. contesta i motivi di Appello di ciascuna difesa.
Per Vanek la difesa dice che non esistono le prove che lui abbia commesso qualcosa, ma è dato certo che lui fosse a conoscenza della situazione e non solo non ha fatto niente per evitarla ,ma addirittura è stato visto in “visita” all’ESMA pavoneggiandosi con altri capi militari dell’efficienza del sistema li dentro instaurato.
Per Acosta la difesa sostiene che non ci siano prove. Ciò non può essere sostenuto perché dalle molte testimonianza degli scampati alla morte si evince che l’imputato sia stato visto nelle sale di tortura e lo stesso le abbia perpetrate.
Per Astiz la difesa chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste, ma sono le confessioni di Scilingo a riportare le parole di Astiz per descrivere l’effetto del mare al momento del contatto con corpi che venivano lanciati da un altezza di 600 metri nonché il fatto che poi le orche avrebbero mangiato i resti.
Per Vildoza la difesa insiste sul difetto di giurisdizione e l’assoluzione per insufficienza di prove.
Il P.G. conclude chiedendo la conferma dell’ergastolo per gli imputati Vanek, Acosta, Astiz e Vildoza.
Chiede inoltre il non luogo a procedere nei confronti dell’imputato Febres per morte del reo.

Dopo 15 minuti di pausa prende la parola, per parte civile, l’Avv.to Maniga.
Il suddetto si limita ad integrazioni e precisazioni.
Inizia la sua disserzione soffermandosi sul concetto di genocidio, contestato dalla difesa in quanto ritenuto esagerato e non comunque riferibile ai casi oggetto del processo.
Sostiene l’Avv.to Maniga che sicuramente non c’è comparazione con i sei milioni di morti provocati dal piano di pulizia etnica di Hitler nei confronti degli ebrei, ma ritiene altresì che eventi come quelli avvenuti nella Cambogia di Pol Pot e dei Khimer Rossi i quali, come i militari argentini, punivano con la morte gli oppositori, non possa non essere anch’esso considerato un genocidio considerando l’estensione che ormai il diritto internazionale fa di tale concetto.
E proprio perché perpetrati nei confronti di persone con idee politiche diverse da quelle dei militari non possiamo avere dubbi sul fatto che i delitti avvenuti in Argentina nel periodo 1976/1983 debbano essere considerati delitti politici e quindi rientranti a pieno titolo sotto l’art. 8 c.p.
Vengono poi presi in considerazioni e spiegati ai Giudici popolari gli Artt. 40 (rapporto di causalità) 41 (concorso di cause), 42 (responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale) e 110 (concorso di più persone nel reato) del c.p., articoli tutti che devono essere considerati in questo processo. In particolare in riferimento all’art. 42 l’Avv.to fa la distinzione tra dolo eventuale e dolo diretto, negando la possibilità che in questa particolare circostanza possa essere preso in considerazione il dolo eventuale. Non era infatti possibile che gli imputati con l’attuazione della condotta evidenziata dai testimoni, dalla sentenza di Primo grado e dal P.G. non si rendessero conto delle conseguenze dei loro fatti. Infine è indubbio che gli imputati hanno agito con crudeltà provocando sevizie alle vittime.Rinvio al 17.4.2005.

Udienza dibattimentale d'appello del 17.4.2008
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La discussione odierna si apre con l’intervento dell’Avv. Andrea Fedeli per la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L’Avv. Fedeli spiega in primis ai Giudici Popolari il perché un’altra parte pubblica, oltre al Procuratore Generale si è costituita in questo processo. L’Avv. dello Stato è il rappresentante del Governo della Repubblica, ed è a lui che compete tutelare gli interessi concreti della Nazione, anche in ambito internazionale e facendo valere in giudizio interessi patrimoniali anche quando questi o possono apparire nascosti o appannati da interessi di non minore livello o valore, come interessi politici o morali, anch’essi meritevoli di tutela.
“I processi sui desaparecidos sono arrivati al termine di un lungo cammino al quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha voluto partecipare, come parte civile, con la massima attenzione sin dal primo processo tenutosi in Italia dal 1999 al 2002 al fine di contribuire a dimostrare la responsabilità di tutti gli imputati in questo Processo….. I difensori degli imputati si sono soffermati sulle ragioni del risarcimento del danno chiesto dallo Stato italiano negandone, sostanzialmente, la fondatezza. I fatti per i quali si procede sono consistiti nella lesione del diritto alla vita ed all’integrità fisica di cittadini italiani in territorio straniero ad opera di stranieri Ufficiali delle Forze Armate argentine esponenti di un regime dittatoriale ed operanti in nome di un quid che allora, nella comunità internazionale, era riconosciuto come lo Stato Argentino. E non è pensabile che di fronte ad una violenza perpetrata con inaudita ferocia ai danni dei propri cittadini in territorio straniero lo Stato possa rimanere inerte.”
“La ferita inferta alla vita dei nostri cittadini italiani ovunque essi si trovino, è una ferita inferta all’intera comunità nazionale. Essa è l’attacco ad uno degli elementi essenziali della nazione e cioè il popolo. È quindi un attacco all’intero Stato italiano. È per questo motivo che l’attacco spietato allora sferrato nei confronti della sua comunità richiedeva necessariamente, una volta conosciuto, una reazione, seppur tardiva, da parte dello Stato italiano. In questo contesto e con questo spirito va letta la costituzione di Parte Civile del Governo italiano da me rappresentato.”
A questo punto l’Avv. Fedeli ripercorre il procedimento di Primo Grado: ciò che è stato dichiarato dai testi, cos’era l’ESMA, cosa veniva effettuato dai militari all’interno dell’ESMA sui sequestrati, l’ideazione del peggior modo di uccisione della vicenda argentina quali i voli della morte.
Delinea poi un ritratto delle tre vittime:
Angela Maria Aieta, donna più adulta rispetto alle altre con cui condivideva la “prigionia”, la quale riusciva sempre ad essere di conforto alle altre donne e che da un mercoledì di fine 1976 non è stata più vista all’ESMA. Secondo alcune testimonianze un militare avrebbe fatto capire che la Aieta era stata “traslada”, termine che veniva usato per indicare che aveva perso la vita con un volo della morte.
Giovanni Pegoraro, anche lui sequestrato in età più adulta rispetto alla maggioranza dei trentamila desaparecidos, che subisce il sequestro solo perché in compagnia del vero bersaglio che era sua figlia Susanna e che dopo essere stato liberato osa girarsi per vedere la targa della macchina da cui è stato fatto scendere, gesto che gli costa non soltanto un nuovo sequestro, ma anche la morte. La sua presenza all’ESMA è confermata da molti testi che ricordano di come quest’uomo chiedesse sempre della figlia a chiunque incontrasse.
Ed infine Susanna Pegoraro, giovane donna che viene tenuta lontano dalla morte solo il tempo di portare a termine la gravidanza e di dare alla luce una bambina. Ricordando Susanna l’Avv. Fedeli coglie l’occasione per ricordare in quali condizioni le donne venivano fatte partorire.

L’Avv. Fedeli passa poi ad occuparsi degli imputati e della loro responsabilità penale per gli atti a loro imputati.
Tutti gli imputati, dice, tranne Vanek che, comunque, essendo sotto Massera non solo era a conoscenza di tutto ma ne gestiva anche l’organizzazione, facevano parte del gruppo TAREA 3.3.2. e tutti si sono macchiati, per le loro funzioni, del sequestro e della morte di almeno 5000 persone essendo questo il numero di vittime passate per l’ESMA. E sono tutti ugualmente responsabili dei sequestri e delle morti di queste persone secondo i principi del nostro diritto penale (concorso di persone nel reato ex Art 110 c.p e concorso di cause Art. 41 c.p.).
A differenza di ciò che hanno prospettato gli avvocati della difesa, è vero che le tre vittime non sono state viste morire, ma dalle dichiarazioni e dai documenti di militari pentiti si evince che sono davvero molto rari i casi in cui i prigionieri dell’ESMA sono sopravvissuti, così come sono rari i casi in cui siano stati trasferiti ad un altro centro di detenzione e non uccisi. Comunque, anche se così fosse, gli imputati si sarebbero macchiati di “dolo eventuale” che esiste quando l'agente pone in essere una condotta per altri fini, ma sa che vi sono concrete e serie probabilità che dalla sua condotta discendano eventi ulteriori e tuttavia accetta il rischio di cagionarli. È proprio questa accettazione consapevole del rischio che fa differire questa figura dall'affine figura della Colpa Cosciente. L'Agente decide di agire "costi quel che costi", accettando il rischio del verificarsi dell'evento. Nella colpa cosciente, invece, l'agente prevede sì l'evento, ma esclude che questo si possa realizzare, tanto che, se avesse compreso che l'evento in questione sarebbe venuto in essere, non avrebbe agito.
E dunque gli imputati, anche se avessero consegnato i sequestrati ai responsabili di un altro centro di detenzione illegale, si sarebbero, comunque, resi responsabili delle conseguenze a cui le vittime andavano incontro.
Chiede pertanto l’Avv. della Presidenza del Consiglio dei Ministri di volere, la Corte, rigettare i motivi dell’Appello e confermare la pena dell’ergastolo per tutti gli imputati.

Le altre parti civili, Avv. Tita Madia per la Regione Calabria e l’Avv. Vincenzo Pagnoncelli per la Provincia di Cosenza, si riportano alle memorie conclusive rinunciando all’intervento.

Dopo 15 minuti di sospensione l’udienza riprende. Il Presidente da dunque la parola alla difesa degli imputati.

Il primo a intervenire è l’Avv. Roberto de Angelis per l’imputato Astiz.
L’Avv. elabora inizialmente un excursus storico dell’Argentina, ricordando l’emanazione sotto Alfonsin, delle c.d. Leggi Vergogna, quella del Ponto Final, nonché quella della Obediencia Debida che solo nel 2005 sono state dichiarate incostituzionali ed hanno permesso all’Argentina di processare i responsabili di ciò che di mostruoso avvenne tra il 1976 ed il 1983.
L’Avv. ritiene dunque giusto giudicare Astiz a patto di fare una veritiera ricostruzione storica, ritenendo valido il presupposto del principio di non colpevolezza e ricordando che si può condannare soltanto se non permane neppure un ragionevole dubbio (ciò secondo il principio in dubio pro reo).
L’Avv. inizia a ricordare le varie testimonianze ascoltate in Primo Grado, ricorda che tutte hanno raccontato sofferenze atroci, ma con estremo rigore. Da ciò era facile percepire come tutte le persone che hanno testimoniato avessero sete di giustizia, ma mai di vendetta. Sarebbe invece stato plausibile, comprensibile ed anche facile per queste persone, dopo trent’anni, calcare un po’ la mano nelle dichiarazioni rese, ma così non è stato. Forse, asserisce l’Avv., perché anche loro sono state vittime di giudizi sommari da parte dell’opinione pubblica.
L’Avv. De Angelis chiede la riforma della sentenza con un’assoluzione perché non vi sono prove che dimostrano la responsabilità del suo imputato per la morte dei tre cittadini italiani.
Vengono dunque ricordate molte delle testimonianze rese in Primo Grado, tra cui per esempio quella di Botano Angela la quale asserì che l’ESMA aveva una superficie di 17 ettari (testimonianza che serve all’Avv. per affermare che non si poteva davvero sapere cosa avveniva all’interno).
L’Avv. De Angelis considera poi la sentenza di Primo Grado “una sentenza vigliacca che deve essere riformata”.
In conclusione del suo lungo intervento l’Avv. sostiene che debba permanere un ragionevole dubbio che le tre vittime, in nome dei quali questo processo è stato instaurato, siano morte di morte naturale, magari all’estero, una volta usciti dall’ESMA. O magari che siano stati liberati e poi, “forse per vergogna di avercela fatta a differenza di molti altri”, non siano più voluti tornare ad abbracciare i loro cari.
L’Avv. sostiene, inoltre, che in un territorio tanto ampio come l’ESMA, che, ricordiamo ha una superficie di 17 ettari, non si possa parlare di Art. 41 c.p. (concorso di cause).
Infine l’Avv. chiede alla Corte la riforma della sentenza di Primo Grado per la discordanza e la non univocità degli indizi che invece devono essere gravi, seri e concordanti e non sommari, verosimili o supposti come risultano dal processo di Primo Grado. Addirittura non esistono indizi che dimostrino la responsabilità di Astiz per la morte delle tre vittime di questo processo. Per tali motivi si chiede che la sentenza venga riformata.

A conclusione della odierna udienza, viene data la parola all’Avv. Palleschi in difesa dell’imputato Vildoza.
L’Avv. asserisce in apertura di intervento che i dubbi che albergavano in lui all’inizio di tale processo si sono addirittura rafforzati a seguito della sentenza di Primo Grado.
Come primo motivo di impugnazione della suddetta sentenza, l’Avv. Palleschi richiama il difetto di prova. Gli elementi che sono a disposizione della Corte per valutare e vedere se insieme possono superare la soglia del ragionevole dubbio sono solo ed esclusivamente le testimonianze dei reduci partendo dal fatto storico che è l’uccisione dei nostri tre concittadini. I Giudici dunque, leggendo le deposizioni dei testimoni devono rispondere alla domanda: “è stata raggiunta la prova che i nostri tre concittadini sono morti di morte violenta ed all’interno dell’organizzazione dell’ESMA?”
Per rispondere è necessario partire da fatti incontrovertibili. Il primo fatto certo è che nessuno, tra i testimoni, ha visto i corpi senza vita di Angela Maria Aieta, Giovanni e Susanna Pegoraro.
Il secondo fatto certo è che nessuno ha visto i tre salire sugli aerei adibiti ai voli della morte.
Il terzo fatto certo è che nessuno ha sentito ordinare l’uccisione di nessuno dei tre.
Infine nessun teste ha riferito la certezza della morte dei tre e questo è un deficit probatorio insuperabile del quale non si può non tenere conto.
È vero anche che si parla di desaparecidos, non abbiamo i corpi. È vero che questi nostri tre concittadini sono stati sequestrati e portati all’ESMA, dove la gran parte delle persone ha perso la vita (e sono questi, a detta dell’Avv. Palleschi gli elementi che convincono la giuria Primae Curiae a ritenere che i tre siano stati uccisi all’interno dell’ESMA).
La difesa, continua il difensore di Vildoza, non si sente di condividere tale teoria perché il fatto storico su cui si basa la prova indiziaria sul luogo commissi delicti, non ci dice in realtà questo.
Inoltre non esiste, secondo l’Avv. Palleschi, neppure una prova indiziaria essendo gli elementi a disposizione della Corte, elementi non univoci e non coerenti.
“Nessuno dubita la permanenza dei tre nostri concittadini dentro l’ESMA, abbiamo un fiume di testimonianze che ci dice che l’ESMA può essere sì considerato un campo di concentramento, ma nessuno ci dice che era un campo terminale.”
Dunque: “che i tre furono portati all’ESMA è indubbio; che i tre furono torturati è indubbio; che i tre furono uccisi all’interno dell’ESMA non è indubbio, ma è verosimile, soltanto verosimile.”
A conclusione del suo intervento l’Avv. Palleschi ritiene che non si possa sostenere che la prova certa sia stata raggiunta per non essere stati visti altrove. Non si può inoltre sostenere che Angela Maria Aieta, Giovanni e Susanna Pegoraro siano stati uccisi all’interno dell’ESMA.
Infine non si possono chiedere le aggravanti in quanto le sevizie non ci sono perché non c’è connessione tra le medesime sevizie e l’evento morte.
Prima di concludere l’Avv. si sofferma anche sul secondo motivo di impugnazione della sentenza di Primo Grado ovvero il fatto che non sia neppure stata raggiunta la prova con riferimento al sequestro. “È stata raggiunta la prova che siano stati gli imputati a sequestrare le tre vittime? La sentenza risponde serenamente di si alla pagina 85, mentre esiste un dubbio, un ragionevole dubbio.”
“È dunque” e conclude “imposto dalla Legge al Giudice, di assolvere gli imputati.”

Udienza dibattimentale d'appello del 22.4.2008
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L’udienza si apre con l’intervento dell’Avv. Milani, a difesa dell’imputato Acosta.
Si afferma che la responsabilità degli imputati viene dichiarata solo attraverso un sillogismo. Gli imputati appartenevano al Gruppo di Tarea 3.3.2. che agiva all’interno dell’ESMA, ma è sbagliato dichiarare che tale gruppo fosse l’ESMA. Infatti dentro questo centro di detenzione nel cuore della città di Buenos Aires, da ciò che si evince dalle testimonianze rese per esempio da Bagnasco o Verbitsky non agiva soltanto il GT 3.3.2., ma anche il SIN (servizio di informazioone navale) che era un gruppo logistico, nochè un gruppo che si dedicava a privare le vittime o i loro familiari di beni non solo mobili (quali gioie, soldi, automobili…), ma anche immobili.
Addirittura,continua il difensore, la teste Taleo dichiara in primo grado che ogni gruppo militare aveva, all’interno dell’ESMA, un gruppo di azione. E la teste Pastorizia ci dice di essere stata una prigioniera del Sin e non del GT 3.3.2.
Dunque, si chiede l’Avv. Milani, “chi ci da la certezza che i nostri tre connazionali erano davvero stati sequestrati dal gruppo del quale facevano parte gli odierni imputati?”
È inoltre errato ciò che vuole dichiarare la sentenza: quali siano stati gli ultimi giorni della vita dei tre italiani all’interno dell’ESMA. Si ricorda dunque la testimonianza di Hebe Lorenzo la quale ricorda la risposta datale dal militare alla sua domanda di dove fosse la Sig.ra Angela Maria Aieta. Il militare le avrebbe risposto che era andata in un posto dove lui sperava lei non arrivasse mai. Ciò avveniva nel settembre del 1976. Tale testimonianza viene smentita dalla testimonianza Cubas il quale asserisce di non aver mai visto la Sig.ra Aieta all’interno dell’ESMA, ma di averla sentita parlare il giorno in cui era stato rapito, il giorno 20 Ottobre 1976.
Anche per Giovanni e Susanna Pegoraro può essere fatto un discorso simile: nessuno tra i testi ha mai parlato della presunt morte dei due, neppure la donna che aiutò la giovane Susanna a partorire all’interno dell’ESMA.
Addirittura c’è una testimonianza, a vedere dell’Avv. Milani, che scagiona l’imputato Febres per lo meno dall’omicidio di angela Maria Aieta. La sua morte è stata inquadrata a fine 1976. Cubas, durante la sua testimonianza, dichiara che Febres tra il gennaio ed il febbraio 1977 ancora non era entrato all’ESMA. Dunque Febres non è responsabile per tale morte.
Anche le certezze della sentenza che il colore grigio della capucha voleva dire morte non sono in realtà tali. Molte delle capuche dei testimoni che abbiamo ascoltato nel Primo Grado ricordano di aver indossato la capucha grigia.
La sentenza inoltre, secondo l’Avv. Milani, non ha neanche considerato che, oltre ai trasferimenti che sottintendevano i voli della morte, ci possano essere stati dei trasferimenti reali tra i 350 centri illegali di detenzione che furono costituiti in quelgi anni in Argentina.
“è vero che i nostri tre italiani sono morti, sarebbe stupido dire il contrario, ma non sappiamo come, quando, dove e per mano di chi. C’è molto meno di un indizio, ci sono solo elementi, dichiarazioni”.
Acosta viene poi definito senza problemi dal suo stesso difensore un criminale, uno psicopatico, ma viene detto anche che non esiste un solo elemento che lo possa ricollegare alla morte delle tre vittime di questo processo.
Per quanto riguarda le questioni giuridiche del processo, la sentenza dice che per il principio di equivalenza delle cause, non è comunque rilevante capire quale sia stata la condotta specifica di ciascun soggetto, ma, l’Avv. Milani continua, “la stessa Corte di Cassazione in sentenze degli anni 2003/2005/2007 prevede che nei reati associativi o su base concorsuale il fatto di essere membri di un’associazione non può implicare la parteciapzione del singolo. Tale elemento non può bastare per renderlo imputabile di un determinato reato.”
La sentenza parla poi di dolo che, secondo l’Avv. Milani, non può essere previsto se non si sa quale sia stata la condotta del singolo imputato.
Quasi a conclusione della sua arringa, l’Avv. Milani si riporta alle dichiarazioni, ricordate più volte in sede dibattimentale, del Generale Dalla Chiesa quando, riferendosi alle proposte di tortura ai sequestratori di Aldo Moro rispose “l’Italia può permettersi di perdere Aldo Moro, ma non può permettersi di perdere la democrazia.” e usa tali dichiarazioni per poter ricordare che nel processo contro i responsabili del sequestro, della prigionia e della morte di Moro vennero individuate tutte le speicfiche condotte degli imputati.
L’Avv. Milani si sofferma, come ultimo elemento, sulla costituzione di parte civile dello Stato italiano, assolutamente fuori luogo considerando l’atteggiamento indifferente se non connivente dell’ambasciata italiana a Buenos Aires ed il fatto che il Governo italiano si sia mosso, soltanto due anni dopo la fine della dittatura militare, all’indomani della pubblicazione da parte del quotidiano Corriere della Sera di una lista di almeno duecento connazionali scomparsi in quegli anni.

Il secondo Avv. a prendere la parola è il difensore dell’imputato Febres, Avv. Poerio.
Ricorda subito che nel dicembre 2007 il suo assistito ha perso la vita a seguito di avvelenamento dopo aver dichiarato un suo pentimento e la volontà di collaborare all’interno di un processo a suo carico in madre patria.
L’Avv. non ha rinunciato alla difesa perché ritiene che l’imputatio debba avere, nonostante la morte un trattamento paritario rispetto agli altri imputati. Anche se deceduto, dunque, deve avere la possibilità di essere assolto perché la sua memoria non sia intaccata da una sentenza come quella di primo grado.
L’Avv. si sofferma su un elemento che considera essere stato poco trattato ovvero la stato di necessità che avrebbe spinto gli imputati ad agire in obbedienza ad ordini superiori.
Si richiama alla testimonianza di Uriel quando dichiara che le conseguenze per chi non obbediva sarebbero state imprevedibili.
Inoltre, per quanto riguarda la responsabilità di Febres in particolare riguardo alla morte della Sig.ra Aieta e della giovane susanna Pegoraro, l’Avv. Poerio si riporta a quanto già affermato dall’Avv. Milani. Infatti la testimonianza di Cubas scagionerebbe l’imputato Febres non solo dalla morte della Sig.ra Aieta avvenuta a fine 1976.

L’ultimo Avv. della difesa ad intervenire è l’Avv. Perfumo il quale ricorda quanto sia stato terribile il dibattitmento del Primo Grado per le dichiarazioni, intrise di sofferenza, rese da chi ha vissuto sulla propria pelle le atrocità che hanno caratterizzato gli anni della dittatura militare dopo il golpe del 1976.
Ed il processo, che ormai si avvia alla conclusione, è stato un tentativo di passare dall’indistinto all’indistinto, dalla storia con la S maiuscola che riguarda i fatti dell’Argentina di quel periodo alla storia con la “s minuscola” della storia di queste tre persone, Angela Maria Aieta, Susanna e Giovanni Pegoraro.
Anche questo Avv. della difesa si sofferma sulla costituzione di parte civile da parte dello Stato italiano, ricordando il suo comportamento in quegli anni. Dunque, afferma la difesa “dando allo Stato il risarcimento dei danni, si farebbe capire ai cittadini che lo Stato è stato una vittima e questo è un falso storico.”
La giuria si trova in una situazione di estremo sfavore per tutto il silenzio con cui ha agito la didattura militare dal 1976 al 1983 e per tutto l’ulteriore silenzio dovuto all’indifferenza o connivenza delle comunità internazionale. Si ricorda il comportamento del Vaticano, della Russia (che tacque perché era la prima importatrice di grano dall’Argentina che evidentemente è stato considerato un motivo importante per rimanere “esterni” ai fatti) e degli Stati Uniti.
Per quanto riguarda la responsabilità dell’assistito Vanek, la sua responsabilità non è stata accertata e neppure i libri che sono stati ammessi agli atti come prove non riportano mai il suo nome.
Anche dalle testimonianze si evince che la presenza di Vanek all’interno dell’ESMA era sporadica
Se poi la accusa si vuole riferire all’ Art. 40 c.p che prevede in capo all’imputato un reato per omissione (secondo il quale colui che doveva o poteva fare qualcosa per evitare la commissione del reato e non lo ha fatto deve essere considerato responsabile, insieme a coloro che lo hanno commesso, per il reato medesimo), la difesa risponde che anche per il reato omissivo vi deve essere una prova dell’avvenuta omissione in capo al soggetto imputato. E questa prova non è stata raggiunta dall’accusa.
Il ragionevole dubbio che ha portato il P.M in primo grado a chiedere il non luogo a procedere in capo a Vanek è stato superato, a detta dell’Avv. Perfumo, con la forza sì di un giudizio storico, ma non processuale, attraverso il quale l’imputato risulterebbe aprioristicamente colpevole.
Per questi motivi, anche l’Avv. Perfumo chiede la riforma della sentenza con l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto ex Art. 530 comma 2 c.p., nonché la revoca del risarcimento del danno a favore dello Stato italiano per infondatezza dei motivi che sono alla base della domanda.

Dpo 15 minuti di pausa l’udeinza riprende con le repliche di parte civile.

La parola è data al P.G. il quale si ripromette di fare solo una replica alle questioni salienti esposte dagli avvocati della difesa.
Si sofferma nuovamente sul termine genocidio, ricordando che già durante l’arringa ha chiesto la correzione alla Corte: al posto di genocidio la corte avrebbe dovuto leggere sterminio, omicidio plurimo di persone che le pensavano in maniera “politicamente” diversa dagli autori del golpe.
Durante gli interventi della difesa il P.G ha sentito ripetere da tutti gli avvocati la scontatezza dei sequestri, delle torutre, delle prigionie. Dunque se anche le tre vittime di queste processo fossero state consegnate ad altri carnefici, chi ha sequestrato, torturato, tenuto in prigionia si è reso comuqnue responsabile anche della morte dei nostri tre connazionali.
E riporta l’esempio di 100 persone in fila a 100 metri di distanza l’uno dall’altra. Se l’intento di questa fila di persone è uccidere qualcuno e se il primo da un segnale di luce che passa al secondo e così via fino all’ultimo della fila che materialmente uccide la persona, non si può negare la responsabilità anche del primo uomo della fila che ha dato il primo segnale. Questo è il concorso di persone nel reato.
E il P.G. si sofferma sulla figura di Vanek, controammiraglio della Marina, il numero due sotto Massera. Vanek non faceva parte del GT 3.3.2, ma fu lui che con Massera organizzò tutto ciò che successivamente in quelgi anni è accaduto all’interno dell’ESMA.
Addirittura nel febbraio 1976, prima del golpe, fu lo stesso Vanek a riunire tutti i militari dicendo che le liste delle persone da sequestrare era già pronta e addirittura a rassicurare i militari del fatto che il metodo di uccisione dei voli della morte era stato approvato dal Vaticano.
E Febres…era responsabile a tal punto dei fatti, che nel momenot in cui decide di collaborare e di scrviere un memoriale è stato avvelenato nel Dicembre 2007 da coloro che non volevano che la verità venisse alla luce del sole.

Segue l’intervento dell’Avv. Brigida, un intervento incentrato sulle questioni giudiziarie trattate in fase dibatitmentale durante l’Appello. Vengono dunque toccati gli argomenti del dolo eventuale e diretto, il concorso di persone nel reato ed i suoi requisiti oggettivi e soggettivi.

L’Avv. Fedeli, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rinuncai alla sua replica cosicchè l’ultima replica di aprte civile viene affidata all’Avv. Gentili
L’Avv. Gentili comincia la sua replica affermando che la difesa si fa forza sul fatto che niente in questo processo è certo e dunque davanti a tale incertezza i Giudici sarebbero chiamati ad assolvere.
E dunque la clandestinità con cui hanno agito i militari della dittatura sarebbe premiata.
“Per fortuna ci sono fatti certi su cui fondare una condanna certa e stabile.”
Innanzitutto, la prima certezza è data dal fatto che il GT 3.3.2 aveva in pugno l’organizzazione dei sequestri all’interno dell’ESMA (ciò si evince dalle testimonianze Bagnasco e Duarte i quali hanno speigato con chiarezza cosa era il GT 3.3.2).
Per quanto riguarda le repliche alle singole difese l’Avv. Gentili risponde.
Per quanto riguarda Vildoza, anche se la difesa si chiede se davvero l’imputato si era accorto di cosa stava succedendo o se sapeva qual’era davvero la situazione, risponde che l’imputato faceva un po’ di tutto all’interno dell’ESMA, sequestrava, torturava…e lo stesso Duarte nella sua deposizione lo ha definito come uno tra i militari più attivi.
In riferimento ad Acosta, la difesa ammette che era uno dei peggiori criminali, ma non si può provare che i tre siano stati uccisi all’interno dell’ESMA. La replica è il fatto che invece era proprio Acosta che decideva tra la vita e la morte all’interno della struttura.
Di astiz viene ricordata la frase che spiega il compito del mare e quello successivo delle orche. Come poteva lo stesso astiz non sapere nulla se le persone venivano narcotizzate all’interno dell’ESMA prima di essere “traslados” con i voli della morte?
Ed infine riferendosi a Vanek l’Avv. Gentili ricorda di come l’imputato fosse il numero due della Marina per cui è impensabile dimenticare la catena di ordini che da Massera passava allo stesso Vanek e da lui ai componenti del GT 3.3.2.
I parti dei neonati, i sequestri, le torutre…tutto era pianificato per cui anche tralasciando l’omissione colpevole si può affermare che Vanek fosse uno degli organizzatori.
Esistono poi certezze sulle vittime che l’Avv. Gentili ricorda alla Corte: le torture e le sevizie sono qualcosa di certo anche se ci arrivano grazie ad indizi; la condanna a morte di Susanna Pegoraro in quanto testimone di un reato la cui impunità non era prevista dalle Leggi Vergogna; la morte di Giovanni Pegoraro dopo aver violato la clandestinità con cui agivano i militari voltandosi al momento della sua liberazione per prendere il numero della targa della macchina. Tutto ciò per cercare di avere un elemento per andare alla ricerca della figlia Susanna.
La replica dell’Avv. Gentili si conclude con la previsione del criterio di verosimiglianza, criterio giusto come sancisce la medesima corte di Cassazione.

Il Presidente da dunque la parola agli Avvocati della difesa per la controreplica.
L’Avv. De Angelis per Astiz si sofferma ulteriormente sul termine genocidio affermando che il suo volere certezza nei termini era un tentativo di riportare gli eventi a quello che sono stati le loro reali dimensioni. In più si domanda e domanda alla Corte, proprio per il criterio di verosimilgianza, come sia possibile che una così folle dittatura non avesse davvero previsto conseguenza per i militari che si dissociavano dai voleri dei superiori?
E perché proprio Astiz deve essere riallacciato alla morte di Angela Maria Aieta, Susanna e Giovanni Pegoraro?

Conclude l’udienza l’Avv. Poerio il quale afferma che le repliche dell’accusa non hanno superato le obiezioni proposte dalla difesa, ovvero che l’ESMA non era il GT 3.3.2.
Infine, riportandosi all’esempio del P.G. dichara che, se esistono più file di 100 persone e se una di queste file compie un omicidio, non si potrà né dovrà ritenere colpevoli le persone che formano un’altra fila. E ciò proprio per quel criterio della verosomiglianza ricordato dalla accusa. Rinvio al 24.4.2005

Udienza dibattimentale d'appello del 24.4.2008

Contro-repliche dei difensori e ritiro della Corte in Camera di Consiglio

La sentenza, che conferma i quattro ergastoli (Vañek, Vildoza, Acosta y Astiz) ed estingue l'azione per il deceduto Febres, è stata letta dal Presidente Antonio Cappiello alle ore 14.00.


Repubblica Italiana


DISPOSITIVO DI SENTENZA


REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano



Alla pubbliba udienza del 24.4.2008 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA

Visti gli artt. 592 ,605 cpp, in parziale riforma della sentenza pronunciata il 14.3.2007 della 2° Corte di Assise di Roma nei confronti di ACOSTA JORGE EDUARDO, ASTIZ ALFREDO IGNACIO, VILDOZA JORGE RAUL, VAÑEK ANTONIO, FEBRES HECTOR ANTONIO ed impugnata dai medesimi dichiara di non doversi procedere nei confronti del FEBRES per essere il reato estinto per morte del reo; conferma nel resto e condanna l’ACOSTA, l’ASTIZ, il VILDOZA ed il VAÑEK al pagamento delle spese processuali del presente grado di appello, nonché alla rifusione delle spese di costituzione e giudizio in favore delle P.C., che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 per ciascuno dei difensori di P.C., comprese in tale somma spese ed onorari ed esclusi IVA e CPA.---- Termine per deposito giorni 90.

Il Presidente
Dr. A. Cappiello


Il 14.7.2008 sono state depositate le motivazioni della sentenza del 24.4.2008.
Motivazioni >>>

Contribuzioni

Libera
L'associazione LIBERA ha aperto un conto corrente, per conto del Comitato promotore del processo ESMA, per raccogliere fondi per sostenere le spese delle parti civili nel processo ESMA.

Processo ESMA - Libera giustizia
Banca Popolare Etica

IBAN: IT64G0501803200000000119182



Hanno collaborato per realizzare questa pagina:

Fiammetta Chiarini - Jorge Ithurburu
Joram Marino - Paolo Merialdo