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Senza Patricio



Sono psicoanalista, il mio lavoro quotidiano è quello di "educare i sentimenti" verso la libertà e la cultura, avere la possibilità di conoscerli, di esprimerli in modo di creare affetto e solidarietà. Come diceva il vecchio Freud: per essere felici bisogna potere amare e lavorare. E questo libro ci parla di quello.

Il primo racconto di Veltroni nel suo libro "Senza Patricio" dice: "Aspetto. È tutta la vita che aspetto qualcosa. Aspetto persone, aspetto amori, aspetto successi, aspetto carezze. Aspetto senza impazienza, anzi mi godo il sapore eccitante dell'attesa. Qualcosa succederà, pensare questo mi dà persino più energia che vivere ciò che succede. Perché immagino, sogno, prevedo, calcolo". Questo pezzo coincide con quello che ho sempre pensato che sia il desiderio descritto dalla psicoanalisi, quel moto che sta dentro di ogni essere umano, e che dovrebbe servire per vivere, per essere liberi.

Questo piccolo gioiello, che è per me "Senza Patricio" ci fa pensare alla importanza che ha il valore di riuscire a esprimere i sentimenti, senza vergogna di quello che l'altro dirà o penserà, ci fa avere la capacità di non sorprenderci delle cose strane; ci fa riflettere sul tipo di comunicazione che usiamo quotidianamente che dovuto a tutta la realtà virtuale e mediatica nella quale siamo sommersi, tante volte, ci dimentichiamo di quello che vuol dire comunicare.

Quello che mi é molto piaciuto di questo libro é come viene presa la realtà, la paternità nella sua mancanza, il ricordo, la malinconia, si presentano al lettore, in una maniera positiva, direi viva e non come un ricordo nostalgico, tragico che uccide l'anima.
Una vitalità che coincide con il lavoro sulla Memoria che realizzano le Madres de Plaza de Mayo. Una presa di posizione vitale é il modo con il quale il libro fu scritto.

I racconti, i sentimenti di questi personaggi mi hanno fatto riflettere molto sul rapporto padre-figlio metafora usata quotidianamente nel mio lavoro e che tende a sparire a sfumarsi, sembra che in questo tempo che ci tocca vivere, il "nome del padre" come metafora non esista più e tutti ( psicoanalisti) s'interrogano sulla questione.

La forma di scrittura che usa Velroni è per me un grande apporto, é una maniera di rivalorizzare il rapporto paterno con tanto amore e delicatezza, e con tanta forza (senza paura dei sentimenti) che marca un filo di speranza anche nelle profonde assenze, del nostro io interiore e anche della nostra società.

Un paragrafo del libro che dice: "Aspetto che arrivi quella malinconia che fa bene alla ragione che apre porte chiuse, che disegna carte geografiche sconosciute" assieme ad un altro che dice: "La memoria non é inerte. La cosa accade nel momento stesso in cui smette di accadere, é già ricordo. E il tempo si preoccupa generosamente di frammentare e ricomporre, di consentire letture più mature di dare significati sconosciuti. La memoria é attiva, produce senso, Costruisce scoperte".

In queste parole ho trovato il filo conduttore della mia memoria storica nella epoca della dittatura argentina e la ricostruzione della Memoria oggi.

Questo libro per me ha fatto da tramite nella mia anima, trovando un filo conduttore che é uscito e non si ferma, e solo l'inizio. Una forma d'affrontare la vita, diversa, da quella di prima.
Vorrei finire questo commento con una dedica che ho fatto assieme a mio marito per una carissima amica, Adriana che abita in Spagna alla quale abbiamo regalato "Senza Patricio": "da Roma "città eterna" a Buenos Aires capitale del “realismo magico” ci voleva tutta la tenerezza e l'incoscienza d'un italiano per legare questo filo ideale che ci unisce".





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